La citizen science (CS), scienza dei cittadini
o scienza partecipata
,
indica la partecipazione e il coinvolgimento attivo dei cittadini in attività di ricerca
scientifica. Mentre la CS include le scienze naturali, come la biologia, la chimica e la
fisica e la citizen social science si occupa delle società, le citizen humanities si
applicano alle discipline storiche, letterarie, linguistiche e filosofiche. La digital
public history, per la sua vocazione pubblica, partecipativa e collaborativa in un
contesto digitale, si presenta come uno dei campi di applicazione privilegiata dalle
citizen humanities. Il valore aggiunto delle citizen humanities dipende primariamente da
due condizioni alla base della digital public history: la partecipazione degli storici
che non provengono dall’accademia alla creazione di progetti collaborativi e la
comunicazione dei risultati della ricerca storica al pubblico della rete. L’articolo
intende riflettere su come la scrittura collaborativa, resa possibile dagli strumenti
wiki, possa costituire un ottimo punto di partenza per una democrazia partecipata che si
situi nel solco delle citizen humanities.
Citizen science (CS), "citizen science" or "participatory science", refers to the participation and active involvement of citizens in scientific research activities. While CS includes natural sciences, such as biology, chemistry and physics, and citizen social science deals with societies, citizen humanities apply to historical, literary, linguistic and philosophical disciplines. Digital public history, due to its public, participatory and collaborative vocation in a digital context, presents itself as one of the privileged fields of application of citizen humanities. The added value of citizen humanities depends primarily on two conditions underlying the digital public history: the participation of historians who do not come from the academy in the creation of collaborative projects and the communication of the results of historical research to the public on the network. The article intends to reflect on how collaborative writing, made possible by wiki tools, can be an excellent starting point for a participatory democracy that is located in the wake of citizen humanities.
Il Manifesto Digital Humanities 2.0 (DH 2020) presenta evidenti connessioni con le citizen humanities, dal momento che attesta come le tecnologie digitali abbiano cambiato le modalità di diffusione della conoscenza, a partire dalle sedi in cui si esprime il discorso scientifico. Poiché le università non sono più le uniche custodi della cultura e della conoscenza, si sta imponendo una conoscenza (g)locale di cui sono depositari i cittadini, i quali profittano delle tecnologie digitali e della cassa di risonanza del web per condividere il sapere della comunità di riferimento.
La digital public history, per la sua vocazione pubblica, partecipativa e collaborativa in un contesto digitale, si presenta come uno dei campi di applicazione privilegiata dalle citizen humanities. Il valore aggiunto delle citizen humanities dipende primariamente da due condizioni alla base della digital public history: la partecipazione degli storici alla creazione di progetti collaborativi e la comunicazione dei risultati della ricerca storica al pubblico della rete. L’articolo intende riflettere su come la scrittura collaborativa, resa possibile dagli strumenti wiki, possa costituire un ottimo punto di partenza per una democrazia partecipata che si situi nel solco delle citizen humanities. L’ipotesi è che un progetto di citizen humanities per essere efficace debba prevedere il coinvolgimento di più attori – non, dunque, escludere gli addetti ai lavori come gli storici di professione – nonché creare una linea di continuità con le pratiche delle public and digital humanities. Accademici, istituzioni culturali, responsabili delle politiche culturali e cittadini dovrebbero stabilire una collaborazione al fine di dare vita a progetti in cui si fondano le citizen humanities e la digital public history nel solco di una democrazia partecipata.
L’espressione citizen science (CS), scienza dei cittadini
o scienza
partecipata
, indica la partecipazione e il coinvolgimento attivo dei cittadini in
attività di ricerca scientifica. Il consorzio europeo Socientize (Society as
e-Infrastructure through technology, innovation and creativity), coordinato
dall’Universidad de Zaragoza tra il 2012 e il 2014 è stato all’origine del White Paper
on Citizen Science in Europe: qui la CS viene ricondotta al public engagement nelle
attività di ricerca in cui i cittadini contribuiscono attivamente alla scienza mediante
il ricorso alle competenze che possono mettere in campo, agli strumenti di cui possono
avvalersi e alle risorse intellettuali di cui dispongono ( ). I volontari forniscono ai ricercatori dati sperimentali ponendo domande e
partecipando alla co-creazione di una nuova cultura scientifica. Fornendo valore
aggiunto alla ricerca, i volontari acquisiscono nuove competenze e una comprensione più
approfondita del lavoro scientifico. La CS si colloca in uno scenario aperto e
transdisciplinare, in cui le interazioni scienza-società-politica conducono ad una
ricerca più democratica basata su un processo decisionale fondato su prove scientifiche
( ). Secondo il White Paper on Citizen Science for Europe
la CS esprime il contributo effettivo offerto alla scienza da soggetti non
necessariamente appartenenti a istituzioni scientifiche o culturali ( ). Una comunità di cittadini di diversa estrazione sociale
e politica partecipa in modalità volontaria al reperimento e all’analisi dei dati,
contribuendo così a implementare gli orizzonti della ricerca scientifica. La CS è
contraddistinta dalla sua vocazione alla condivisione e all’inclusione: ciò la rende una
modalità innovativa tesa a svolgere attività di ricerca e al contempo a rendere
effettiva la democratizzazione della conoscenza. Questa modalità di scienza partecipata
ha diversi ambiti di applicazione il cui livello di sviluppo dipende dal contesto
culturale e sociale in cui vengono formulate le ipotesi di ricerca. Per quanto la CS sia
basata sul volontariato, è condizione necessaria l’istituzione di un sistema di
relazioni tra quanti decidono di partecipare alla realizzazione dei progetti di CS.
Rispetto ai fondi – necessariamente limitati – che le istituzioni culturali possono
stanziare, il contributo alla ricerca dei volontari, proprio per l’ampiezza delle
risorse umane mobilitate, può risultare di gran lunga superiore a quello che viene
fornito dai professionisti del settore nei luoghi tradizionalmente deputati alla
ricerca. Perché un progetto di CS possa essere coronato dal successo è necessario che i
soggetti coinvolti siano in grado di adottare soluzioni innovative, ma al contempo
rispettose del rigore scientifico nella progettazione delle varie fasi della ricerca.
Zooniverse, uno dei primi esperimenti nell’ambito della CS, è una piattaforma che
raccoglie tutta una serie di progetti di CS che hanno visto la luce a partire dal 2009
( ). La sua realizzazione ha avuto una gestazione di due
anni nel corso dei quali è stato sviluppato un prototipo, Galaxy Zoo, che ha coinvolto i
cittadini in un’operazione di classificazione delle galassie ( ). Inizialmente Zooniverse ospitava un numero esiguo di progetti di astronomia e
una collezione di registri meteorologici di navi antiche frutto del lavoro di
trascrizione di volontari. Nel giro di breve si è assistito a una moltiplicazione dei
progetti che rientrano nel campo delle scienze fisiche e sociali. Zooniverse offre una
risorsa preziosa per i ricercatori: volontari provenienti da qualsiasi parte del mondo,
desiderosi di far fronte comune per risolvere quesiti di ricerca, possono contribuire
fattivamente trascrivendo, ad esempio, un testo scritto su antiche pergamene. Dal
momento che la loro opera è del tutto volontaria, hanno la libertà di scegliere
autonomamente i progetti a cui intendono partecipare. Rispondendo a semplici domande
inerenti alle immagini che si presentano ai loro occhi, che siano immagini di galassie
lontane, documenti storici o video di animali, contribuiscono alla comprensione della
conoscenza. I progetti di CS si fondano infatti sulle sinergie che si stabiliscono tra
la comunità di scienziati e i cittadini che sono chiamati a fornire un contributo alla
ricerca scientifica. Nel 2013 è stata creata la Citizen Science Alliance (CSA),
un’organizzazione statunitense che riunisce scienziati, sviluppatori di software ed
educatori che si propongono di sviluppare e gestire progetti di CS presenti sul web
nell’intento di promuovere la comprensione pubblica non soltanto della scienza, ma anche
del processo scientifico ( ). La CSA ha promosso la nascita
della rivista, sorta nel 2014, Citizen Science: Theory and Practice che presenta una
serie di riflessioni teoriche sugli sviluppi della CS. Sempre nel corso dello stesso
anno ha visto la luce in ambito europeo la European Citizen Science Association (ECSA),
un’organizzazione coordinata dal Museum für Naturkunde di Berlino, che si propone di
promuovere l’alfabetizzazione scientifica e la democratizzazione della scienza ( ). Mentre la CS include le scienze naturali, come la
biologia, la chimica e la fisica e la citizen social science si occupa delle società, le
citizen humanities si applicano alle discipline storiche, letterarie, linguistiche e
filosofiche ( ; ). Questo
termine, per quanto sia recente, si ricollega ad una lunga tradizione che si riferisce
ad una storia che connette la scienza alla società e alla politica, come rivelano le
attività condotte dai movimenti scientifici negli anni Settanta o ancora le iniziative
partecipative su questioni ambientali avviate negli anni Novanta e primi Duemila ( : 103-4). A titolo d’esempio, considerando lo spettro più
ampio delle humanities, possiamo menzionare il progetto Ancient Lives, promosso dalla
CSA, che invita il pubblico a trascrivere frammenti di papiri greci attraverso
un’applicazione web studiata nei minimi dettagli per rispondere a specifiche finalità
scientifiche e operative. Ancient Lives è uno dei tanti progetti Zooniverse che si
occupano di trascrizione di testi ( ). Un’altra iniziativa
del CSA, Old Weather, riguarda la trascrizione delle osservazioni scritte a mano
relative alle condizioni meteorologiche provenienti dai registri delle navi della Royal
Navy durante la prima guerra mondiale, nonché le osservazioni meteorologiche appuntate
nei registri navali britannici intorno alla metà del XIX secolo ( ). Questa opera di trascrizione è molto preziosa poiché consente agli storici di
ricostruire le storie delle persone a bordo e di sviluppare proiezioni dei modelli
climatici. Questi esempi rilevano come la nascita della CS sia stata favorita da due
fattori che si intrecciano tra di loro: da un lato la democratizzazione della scienza,
dall’altro la partecipazione del pubblico alla ricerca. Il primo elemento chiama in
causa la responsabilità della scienza nei confronti della società, che si fonda
sull’interesse a offrire assistenza ai cittadini a fronte di taluni bisogni di
conoscenza che sono avvertiti come urgenti. Il secondo concerne le modalità di
partecipazione del pubblico alla ricerca scientifica nelle diverse fasi del processo ( : 146).
La riflessione accademica inerente alla CS ha preso avvio alla metà degli anni Novanta
grazie ai lavori condotti da Alan Irwin ( ) e Rick Bonney
( ). Muki Haklay, studioso di Geographic Information
Science presso l’University College London, ha distinto quattro tipologie di attività di
CS a seconda del grado di coinvolgimento dei soggetti partecipanti ( : 105-122): il primo livello è quello del crowdsourcing,
che contempla tutti quei progetti di CS in cui i cittadini agiscono come sensors
,
ossia si limitano a reperire i dati sulla base di indicazioni precise; il secondo
livello viene chiamato distributed intelligence
e fa riferimento all’iniziativa
dei cittadini che mettono in campo le loro competenze per fornire l’interpretazione dei
dati raccolti; il terzo livello è quello della condivisione, la cosiddetta
participatory science
, che implica il coinvolgimento dei cittadini nelle fasi
di definizione delle ipotesi di ricerca e della metodologia più indicata; infine il
livello extreme
contempla tutte le possibili attività che possono svolgere i
cittadini: dalla raccolta dei dati, all’interpretazione dei risultati e alla
formulazione dei quesiti di ricerca. I progetti di citizen humanities che rientrano nel
campo di applicazione della digital public history prevedono sinora il primo livello del
crowdsourcing ( ), quello che si riferisce alla citizen
science contributiva, dove una comunità di cittadini raccoglie fonti che possono
provenire, ad esempio, da archivi privati o dal web. Può trattarsi di una corrispondenza
epistolare, di documenti audiovisivi, fonti iconografiche, fonti born digital o
digitalizzate. Questa mole documentaria diviene un patrimonio della cittadinanza che
partecipa attivamente alla diffusione della conoscenza. Il primo livello risulta però
eminentemente classificatorio e autoreferenziale perché si limita a fornire dati alla
comunità degli storici. Anche il secondo livello, quello della distributed
intelligence
, è frequentato dai volontari che partecipano alla costruzione dei
progetti di digital public history: ad esempio i volontari possono contribuire
correggendo gli errori che possono prodursi in seguito all’intervento dell’OCR,
trascrivendo documenti storici o migliorando i metadati delle raccolte documentarie ( : 424).
Nella citizen science collaborativa, quella dell’intelligenza distribuita, rientrano tutti quei progetti che grazie alla scrittura collaborativa consentono ai contributori di presentare contenuti storici suffragati da fonti che si connettono ad una linea interpretativa. Uno degli strumenti per la gestione collaborativa dei progetti è rappresentato dal wiki, che consente di creare progetti in formato testuale, ipertestuale e ipermediale, in modalità collaborativa. Questa forma si presenta come particolarmente indicata per avviare un progetto che connetta le citizen humanities e la digital public history. Per comprendere i principi che sono alla base del wiki occorre tracciare una breve storia di questo strumento, come nacque e con quali intenti ( ).
Wiki Wiki, super veloce, queste le parole che Ward Cunningham, programmatore
statunitense residente a Portland (Oregon) in viaggio di nozze alle Hawaii nel 1982, si
sentì rispondere dall’addetto al banco informazioni all’aeroporto di Honolulu quando,
spaesato, domandò come potersi orientare tra i terminal. Cunningham dovette chiedere
delucidazioni tre e quattro volte fino a quando non ebbe compreso il significato del
termine wiki. L’addetto aveva infatti indicato la navetta-bus RT-52 Wiki Wiki che faceva
servizio all’aeroporto e che permetteva di collegare nella maniera più veloce i
terminal. Nel 1995 Ward Cunningham formulò il concetto di redazione wiki e ripescò dagli
anfratti della sua memoria quel termine hawaiano che tanto aveva destato stupore in lui.
Cunningham diede vita ad un nuovo software che chiamò WikiWikiWeb ossia una funzionalità
aggiunta al Portland Pattern Repository, che nasceva nell’intento di facilitare lo
scambio di informazioni tra programmatori informatici. Il 25 marzo del 1995 è una data
storica per il comparto wiki poiché fu allora che WikiWikiWeb fece la sua comparsa su
C2.com, il sito della società di consulenza per la programmazione: Cunningham &
Cunningham, Inc. In quell’occasione Cunningham invitò i visitatori a rendersi partecipi
del progetto, dunque ad apportare modifiche e contributi al sito in un’ottica di
condivisione della conoscenza. Costoro lo avrebbero fatto bypassando le registrazioni.
Infatti, queste modalità di intervento non prevedevano che l’utenza disponesse di
un account o di una password. WikiWikiWeb escludeva che vi fossero forme di controllo
centralizzato dal momento che era salda in Cunningham l’opinione secondo la quale
l’imposizione di una gerarchia nella gestione del processo costituisse il maggior
ostacolo per giungere ad una soluzione del problema. Secondo Cunningham la semplicità
era il percorso più vicino per pervenire ad una soluzione. In WikiWikiWeb tutte le
modifiche venivano effettuate cliccando sul tasto Edit
, in modo che tutte le
operazioni potessero avvenire all’interno del browser dell’utente. Inoltre, attraverso
il linguaggio di markup si potevano generare i collegamenti con gli altri siti Internet.
Cunningham ritenne inoltre essenziale predisporre una funzionalità che permettesse di
osservare tutte le modifiche apportate alla pagina. Questa importante innovazione
consentiva di preservare i contenuti e mostrare la storicità degli stessi; costituiva
inoltre uno strumento di controllo e di verifica delle informazioni messo a disposizione
per l’intera comunità di utenti. Nessuna informazione sarebbe andata persa ma anzi la
stessa sarebbe potuta divenire oggetto di analisi da parti di tutti per coglierne i
cambiamenti intervenuti nel corso del tempo. Inizialmente ad interessarsi al progetto fu
un folto gruppo di programmatori che guardavano con attenzione e curiosità agli sviluppi
che stava prendendo questo nuovo concetto di redazione delle pagine web. Ward Cunningham
si era proposto l’obiettivo di rendere alla portata di tutti l’intero processo di
modifica consentendo agli utenti di creare collegamenti in modo veloce – di qui
l’espressione wiki – evitando l’incomodo e la complicazione di dovere apprendere codici
per la costruzione di pagine web. Quello che venne ribattezzato come Il wiki di
Ward
era stato pensato dal suo ideatore come una funzionalità che avrebbe
generato un luogo virtuale in cui si potessero riportare tutti i commenti, le modifiche
e gli appunti veloci (per l’appunto wiki) dell’utenza coinvolta nella modifica della
pagina web. Non era prevista originariamente la visualizzazione di un’enciclopedia,
ossia un prodotto conchiuso in sé stesso anche se modificabile, come sarebbe divenuto
Wikipedia. L’idea di Cunningham era quella di creare un terreno di incontro e di dialogo
tra utenti: questi avrebbero agito direttamente sulla pagina web e quest’ultima avrebbe
incluso tutti i loro interventi.
Gli elementi che contraddistinguono i wiki sono molteplici: anzitutto non occorre che l’utente disponga di un software particolare. Chiunque può modificare il contenuto di una pagina e queste modifiche vengono immediatamente registrate. Questo sistema innesca un meccanismo di collaborazione molto efficace dal momento che chiunque, senza che sia un esperto di informatica, può contribuire allo stesso documento. La facilità nell’intervento lo rende particolarmente apprezzabile dagli utenti, poiché bypassa tutte quelle azioni che sono richieste per modificare una pagina web. All’epoca in cui è nata Wikipedia, era necessario mettere in atto tutta una serie di operazioni, che andavano dalla modifica del codice del documento al trasferimento della pagina modificata sul web server attraverso un’ulteriore procedura per il trasferimento di file, che molto spesso avevano l’effetto di dissuadere l’utente dall’intervenire per modificare o immettere contenuti. Semplicità, velocità, collaborazione e condivisione sono i termini che caratterizzano i wiki. Occorre però precisare come attualmente questo procedimento sia reso in maniera altrettanto agevole grazie alle piattaforme software di Content Management System come Joomla!, WordPress o Drupal.
Cinque anni dopo la nascita di WikiWikiWe, nel marzo del 2000 l’imprenditore
statunitense Jimmy Donal Wales, detto Jimbo, e il filosofo anch’egli americano, Lawrence
Mark Sanger, detto Larry, iniziarono a maturare l’idea di creare un’enciclopedia online.
Nel 1999 nacque il progetto di Nupedia, predecessore di Wikipedia, che adottava un tipo
di licenza grazie alla quale i contenuti, non più coperti da copyright e a pagamento,
erano resi gratuitamente e in copyleft
, ovvero riutilizzabili liberamente dai
fruitori. Si trattava della GNU Free Documentation Licence, che si serviva del sistema
operativo GNU in software libero. Contrariamente a quello che sarebbe divenuto
Wikipedia, Nupedia non era basato su una wiki aperta alle modifiche pubbliche ma era
soggetto ad un processo di revisione paritaria dei contenuti effettuato da esperti allo
scopo di rendere le voci di qualità comparabile a quello di enciclopedie
professionali
( ). Nupedia rimase attivo sino al 26
settembre 2003, con all'attivo soltanto 25 voci; ovvero quelle che avevano completato
il processo di revisione, che furono assimilate all'interno dell'edizione in inglese
di Wikipedia, che era nata due anni prima come ramo collaterale del progetto di
Nupedia
( ). Correva l’anno 2001 – precisamente il 15
gennaio 2001 – quando venne lanciato il sito wikipedia.com che per i suoi contenuti si
rifece, almeno nelle fasi iniziali, all’undicesima edizione della storica Enciclopedia
Britannica, edita nel 1911.
Wikipedia si avvale del software MediaWiki, ovverosia di un modo di modificare pagine
mediante browser e di visualizzarle immediatamente in formato html. Inoltre, MediaWiki
consente di salvare ogni cambiamento che viene apportato e, se sorge l’esigenza, di
ripubblicarla. Trattandosi di un software libero, MediaWiki viene impiegato in numerosi
progetti in cui l’obiettivo è quello di lavorare in maniera collaborativa e condivisa.
Ad esempio, il sito internet WikiLeaks – che non ha alcun legame con Wikipedia –, che
ospita documenti coperti da segreto di Stato, militare, industriale, bancario,
utilizzava originariamente una versione modificata del software MediaWiki e continuò a
impiegarlo fino al 2010, quando venne operata una ristrutturazione del sito. MediaWiki è
stato utilizzato anche per uno dei primi progetti di crowdsourcing nell’ambito delle
humanities: il Bentham Papers Transcription Iniziative, noto anche come Transcribe
Bentham, un progetto collaborativo avviato nel 2010 con l’obiettivo di trascrivere tutte
le opere inedite del filosofo e riformatore inglese Jeremy Bentham ( ). Per realizzare questo progetto è stata implementata una
piattaforma di trascrizione collaborativa basata su MediaWiki, chiamata Transcription
Desk, all’interno della quale l’utente ha accesso alle immagini dei documenti
digitalizzati e una casella di testo dove può inserire la sua trascrizione. Il primo
sito collaterale a Wikipedia, una sorta di progetto fratello, ad aver visto la luce è
stato, nell’aprile 2003, In Memoriam: September 11 Wiki
, un memoriale degli
attentati dell’11 settembre alle Twin Towers di New York, che è rimasto online per
alcuni anni. Chi volesse visionarlo può farlo grazie alla Wayback Machine di Internet
Archive, che ha fotografato il sito nel corso degli anni in cui è rimasto attivo. Così
nella pagina di presentazione possiamo leggere: Benvenuti sul sito In Memoriam:
September 11, 2001, una sezione della pagina wiki September 11, 2001, creata a
seguito dell’attacco terroristico dell’11 settembre 2001. L’obiettivo principale era
dar vita ad un resoconto degli eventi più dettagliato rispetto a quanto consentito da
Wikipedia e che potesse includere le opinioni personali. […] Le pagine create dagli
utenti costituiscono una risorsa aggiuntiva: opinioni personali, esperienze
individuali, memoriali e tributi, qualcosa che si discosta dall'enciclopedia vera e
propria. Tutti i contributi inseriti in Wikipedia sono pubblicati sotto la GNU Free
Documentation License
( ). Per contenuti e in parte
per la struttura, se pensiamo alla possibilità di includere esperienze personali legate
a quei tragici eventi, In Memoriam September 11 Wiki
presenta affinità con quello
che nella letteratura è considerato come il primo progetto di digital public history,
September 11 Digital Archive
: un archivio nativo digitale che conserva oltre
150000 documenti digitali raccolti in maniera spontanea, attraverso la modalità del
crowdsourcing, dai testimoni e dai protagonisti degli attacchi al World Trade Center, in
Virginia e in Pennsylvania ( ). September 11 Digital
Archive
è stato il primo archivio nativo digitale ad essere incluso nella Library
of Congress, che già negli anni Novanta aveva provveduto a scansionare e a digitalizzare
una parte della documentazione in suo possesso. In questi progetti, a partire da quelli
che si basano sul concetto wiki, possiamo osservare in maniera tangibile gli effetti
della shared authority. Questo principio di autorità condivisa si presenta come uno
degli aspetti più rilevanti della public history, di cui occorre sottolineare il ruolo
di ingegnere che delinea i margini operativi per la costruzione di ponti metodologici
tra gli storici di professione e le comunità bisognose di raccontarsi. Chi adopera gli
strumenti wiki ha la possibilità di intervenire sulle pagine per modificarle,
eliminarle, implementarle e, cosa ancora più interessante, può visionare la sequenza
storica delle modifiche. Per certi versi si potrebbe sostenere che Wikipedia rappresenti
una voce fuori dal coro rispetto ai progetti wiki che raggiungono il livello
dell’intelligenza distribuita. Certamente, come ha rilevato Serge Noiret, Wikipedia,
quando è sorta, rappresentava una straordinaria scommessa
poiché si presentava
come la grande enciclopedia democratica che avrebbe aperto a chiunque la possibilità
di contribuire alla scienza collettiva e che fu, da allora, oggetto di veementi
critiche e anche di appassionate difese
( : 16). Il
cosiddetto punto di vista neutrale
, uno dei cinque pilastri su cui si fonda
Wikipedia, principio non negoziabile, esclude infatti che i contributori propongano
un’interpretazione, ma implica uno sforzo metodologico per raggiungere una neutralità
interpretativa
. Il punto di vista neutrale implica del resto una concezione
della storia fattualista e consensuale, datata e tradizionale
( : 143). Le voci di Wikipedia presentano molto spesso una
narrazione storica che non è costruita sulla base dell’interpretazione, ma che è basata
sulla capacità dei contributori di essersi costruiti una reputazione presso la comunità
degli utenti e degli amministratori di Wikipedia ( : 3).
Questa dimensione di collaborazione aperta, senza intermediazioni, si presta ad atti di
vandalismo e manipolazione ideologica
( ). Questo
contraddice il metodo storico e i dettami della disciplina, dal momento che il lavoro di
ricerca dello storico consiste proprio nel ricostruire il passato attraverso l’analisi e
l’interpretazione delle fonti ( ). Le voci di carattere
storico non possono prevedere una neutralità, benché Wikipedia abbia una vocazione
enciclopedica. Questo è ancor più lampante quando si trattano argomenti che hanno una
rilevanza nel dibattito pubblico ( : 128-132). Poste queste
necessarie premesse, bisogna riconoscere alla Wikimedia foundation di aver avviato
alcune iniziative che vanno nella direzione di facilitare un dialogo tra le citizen
humanities e la digital public history. Possiamo, ad esempio, citare wikipediano in
residenza
, che permette all’utente di trascorrere un periodo di formazione presso
l’istituzione culturale di cui si intende fornire una serie di voci. In questo modo il
wikipediano potrà formarsi e potrà acquisire quello spirito critico e interpretativo che
è il fondamento del metodo storico. Questa modalità di formazione può contribuire a
sfatare un’idea dominante presso una larga fetta della comunità wikipediana secondo la
quale in rete è possibile trarre tutte le informazioni necessarie per realizzare una
voce ( : 3-4). Come è stato rilevato da Safiya Noble,
direttrice dell’UCLA, Center for Critical Internet Inquiry, gli algoritmi che
determinano l’architettura di Google Search non restituiscono risultati neutrali, ma, al
contrario, riproducono e amplificano narrazioni, stereotipi e sistemi di
discriminazione, tra cui quelli di genere e quelli riguardanti il colore della pelle ( ). Questa condizione fa sì che le stesse informazioni che
si possono ricavare da una semplice ricerca su google siano fortemente condizionate
dalla faziosità degli algoritmi. Il terzo livello della scienza partecipata
–
presupposto per una democrazia partecipata – in prospettiva, è particolarmente indicato
per i progetti wiki: perché siano poste le condizioni per una participatory
science
è però necessario che siano compiute alcune azioni volte a dare una
formazione ai cittadini. In primo luogo, occorre costituire un gruppo di lavoro
all’interno della comunità scientifica che fornisca il supporto formativo adeguato alle
comunità locali e alle scuole intenzionate a dar vita a progetti wiki. A titolo
d’esempio potremmo menzionare la versione italiana del portale wiki Cliomatica
,
un progetto realizzato per iniziativa del Laboratorio di Cultura Digitale
dell’Università di Pisa e l’Associazione culturale Diacronie, in collaborazione con
l’Universidade de Brasília, che si presenta come una guida collaborativa all’uso dei
metodi e delle tecniche informatiche per la ricerca storica ( ). In qualità di insegnanti e storici accademici potremmo, inoltre, invitare i
nostri studenti a contribuire a Wikisource, la biblioteca digitale che ospita testi di
pubblico dominio importati, formattati e riletti da volontari, ma anche documenti
digitalizzati di vario tipo. La costruzione di archivi digitali fa sì che evolva lo
stesso approccio alla ricerca storiografica: siamo in presenza di una narrativizzazione
della storia in un’ottica di public history ( : 50). La
digitalizzazione delle fonti storiche implica una riflessione su un aspetto decisivo che
riguarda la dematerializzazione. Quest’ultima si presenta attraverso due processi
distinti dal punto di vista epistemologico che utilizzano linguaggi differenti rispetto
a quelli impiegati nella fonte originaria: il primo concerne la riscrittura e
ricodificazione del testo mediante il ricorso a metalinguaggi di marcatura come l’XML;
il secondo si riconnette alla rimediazione della fonte attraverso strumenti di scansione
digitale e l’impiego di metadati. In entrambi i casi vi è un processo di riscrittura e
sovrascrittura del documento, impiegando linguaggi differenti da quello originariamente
presente nella fonte ( : 125). Tenuto conto di
questi aspetti epistemologici, vediamo come Wikisource, per fare un esempio tra i tanti,
possa servire come una palestra per le citizen humanities. Ma perché ciò avvenga occorre
che gli storici – insegnanti e docenti universitari – contemplino nella loro didattica,
non solo una parte di laboratorio dedicata agli strumenti wiki, ma anche il Webquest,
ossia quel metodo didattico che chiama gli studenti ad effettuare ricerche in rete sotto
la supervisione dell’insegnante ( : 96-7). Come ha osservato
Miguel Gotor ( : 184-5) tutti noi, storici compresi, spesso
senza neppure riconoscerlo, impieghiamo Wikipedia come strumento di informazione
privilegiato; lo fanno anche i giornalisti e gli studenti per costruire le loro tesi o
per svolgere i compiti a casa. Pertanto, risulta quanto mai urgente e indispensabile
contribuire al perfezionamento dell’enciclopedia libera: ciò non significa che lo
storico faccia atto di fede e aderisca acriticamente agli ideali utopici di Wikipedia,
ma che risponda responsabilmente ai doveri di carattere deontologico e partecipi
attivamente all’implementazione e alla revisione delle voci. In un contesto di
disintermediazione il digital public historian, in qualità di passeur ( : 295), può contribuire al superamento di
quell’agnosticismo epistemico
( : 13), determinato
dalle difficoltà incontrate dal lettore nella capacità di valutare le competenze di chi
scrive e dalla qualità scientifica della voce in sé. Nel contesto della digital public
history l’autorità condivisa si configura come un atto di responsabilità nei confronti
della società e della ricerca. Viene dunque preservata quella verificabilità del dato
attraverso la certezza dell’identità dell’autore, condizione che Giovanni De Luna ( ) non intravedeva in Wikipedia e che invece in seguito ad
una funzione rinnovata del public historian potrebbe preservare i fondamenti
metodologici della ricerca storica.
L’antropologo Michael Wesch nel suo video The Machine is Us/ing Us ( ) pubblicato su YouTube e che ha visto moltissime
visualizzazioni, ha rilevato quanto sia centrale il ruolo dell’utente in rete e come
questi sia in grado di influenzare gli sviluppi del web in funzione della propria
volontà di partecipazione. Questa partecipazione per essere davvero efficace deve però
essere collettiva e consapevole. Lo stesso web è originariamente nato per promuovere un
movimento di libera circolazione dei saperi tra le comunità scientifiche del mondo
intero. Al contempo lo storico di fronte alla datificazione
della storia
attraverso il digitale ha dovuto riconoscere come sia utopico immaginare che la ricerca
storica sia separata dagli strumenti, dalle pratiche e dai programmi di cui occorre
avvalersi per effettuarla ( : 12). Abbiamo assistito negli
ultimi anni ad una progressiva tendenza alla condivisione dell’autorità, la shared
authory, un concetto secondo cui la storia si basa sulla condivisione di autorità tra
storico e pubblico ( : 127-46). Quest’ultimo non si presenta
come un consumatore passivo di narrazioni storiche ma come soggetto capace di interagire
e di essere coautore di storia, il cosiddetto prosumer. Pertanto, l’autorità condivisa
non si limita alla fase conclusiva della produzione storica, ma si applica
all’organizzazione del progetto di ricerca, ai quesiti della ricerca, alla raccolta
della documentazione sino all’interpretazione di questa partecipazione collettiva. Sta
di fatto che l’autorità condivisa ha implicazioni sulla stessa costruzione della
conoscenza storica nell’ambito della public history. Molte sono le possibilità offerte
da Internet e dalla digital history. In ambiente digitale abbiamo conosciuto una
moltiplicazione di progetti basati sugli user-generated content (UGC), contenuti
prodotti, generati, aggiunti dagli utenti che siano singoli individui, famiglie, o
comunità, che con ogni evidenza contribuiscono in maniera sostanziale con i loro
documenti e con le loro testimonianze alla realizzazione di archivi in rete. Nei
progetti di digital public history i due principi cardine della public history, ossia
l’autorità condivisa e il crowdsourcing, sono stati immessi nel circuito del web e sono
stati sottoposti ad una rivisitazione che è rinvenibile nella diffusione degli UGC ( : 143-50). Internet ha modificato profondamente la forma e
il senso dell’archivio, proponendosi come un enorme database senza intermediazioni e
filtri dal quale raccogliere ogni sorta di informazione o dato da analizzare. E così può
accadere che senza la mediazione di professionisti della storia, vengano prodotti
contenuti storici in rete che rispondono alla volontà di presentare un punto di vista
personale, oppure memorie legate ad un avvenimento specifico o alla storia della
comunità di riferimento. Come storici siamo consapevoli del fatto che la memoria sia un
elemento che deve essere maneggiato con estrema cura e dunque una fonte da vagliare
criticamente: questo perché ognuno ha una sua memoria personale, talvolta ideologica e
distorta, talvolta sbiadita nei nostri ricordi, talvolta permeata di memorie collettive.
Ciò significa che la memoria – anche se sarebbe meglio parlare di memorie – delle
comunità e dei pubblici con i quali ci confrontiamo nei progetti di public history
digitale, si presenta come fonte da trattare con attenzione dal momento che implica
problemi metodologici ed etici. La partecipazione dei pubblici non accademici alla
ricerca scientifica è dunque la condizione primaria affinché possa essere realizzato un
progetto di digital public history. Dal momento che i pubblici sono gli stessi cittadini
volontari nonché gli utenti del web, risulta essenziale che le tecnologie digitali siano
soggette ad un design incentrato sull’utente, il cosiddetto user-centered design ( : 384-90). Ciò implica che sia condotta al contempo una
riflessione teorica sull’ermeneutica digitale: il digitale pone nuovi problemi
interpretativi che risultano complessi se non vengono opportunamente problematizzati.
L’ermeneutica digitale è una tappa essenziale nel percorso formativo del public digital
historian: questi deve essere consapevole dei risvolti etici della condivisione, avendo
cura di considerare come le modalità di fruizione dei dati condivisi possano esse stesse
avere un’influenza sulla visione del passato ( ). I dati non
sono neutri ma neppure la modalità di presentazione degli stessi e ciò richiede una
riflessione etica ( ). Gli strumenti wiki, come abbiamo
visto, presentano tutte quelle caratteristiche, a partire dal design, che risultano
particolarmente indicate per un coinvolgimento attivo dei cittadini, ma proprio perché
sono alla portata di tutti necessitano di un’intermediazione che può essere assicurata
dal digital public historian. La digital public history condivide con le citizen
humanities un elemento non trascurabile ma al contrario caratterizzante: i cittadini
sono coinvolti nel progetto sin da subito e non soltanto nella fase finale che si limita
alle attività di sensibilizzazione, disseminazione e diffusione dei risultati della
ricerca ( ). Questo avviene almeno idealmente: l’autorità
condivisa può rappresentare un miraggio se nella pratica è il digital public historian a
progettare l’infrastruttura, la modellazione dei dati, gli elementi connessi
all’interfaccia utente e alla comunicazione, nonché l’accesso e la conservazione a lungo
termine di dati. Pertanto, l’autorità condivisa implica una condivisione della
responsabilità, condizione che si verifica quando viene realizzato un disegno
collaborativo del progetto ( ). La scrittura collaborativa,
avvalendosi degli strumenti wiki, favorisce le condizioni dello sviluppo della
democrazia partecipata. Come hanno osservato Pietro Greco e Vittorio Silvestrini la
comunicazione costituisce il tessuto connettivo della cosiddetta Repubblica della
Scienza
: la comunicazione della scienza è espressione della
democrazia ( ). I pubblici avvertono il bisogno di
comunicare la propria storia: ci sono tante storie che aspettano di essere raccontate.
Nella nuova era post-accademica della scienza il flusso della comunicazione tra comunità
scientifica e società è più che mai bidirezionale. Sono ancora Greco e Silvestrini, a
mostrarci una metafora molto calzante che attiene al sistema della comunicazione della
scienza ma anche al sistema proprio di Wikipedia. Tale sistema può essere inteso come un
arcipelago di isole connesse tra loro da vari ponti. Al ricercatore è conferito il ruolo
e riconosciuta la responsabilità di rispondere alla domanda di partecipazione
democratica avanzata dalla società. Greco e Silvestrini parlano del cosiddetto modello
Venezia: il sistema della comunicazione pubblica della scienza è come la città lagunare,
un arcipelago di isole interconnesse. Se è vero che non tutti i ponti partono da San
Marco e lì ritornano, allo stesso modo non esiste un modello unico di comunicazione
pubblica della scienza. Ogni ponte ha una sua peculiarità, nessuno di essi ha una
funzione prevalente rispetto agli altri, né si può parlare di un centro da cui è
possibile regolare e gestire tutti i processi di comunicazione della scienza ( ). Come sostiene Greco, dal modello fluviale
del Rio
delle Amazzoni, che conduce la conoscenza scientifica dalle alte vette fino all’oceano
dei cittadini, si passa al sistema dei canali della laguna veneziana composta da un
arcipelago di isolotti collegati da ponti ( : 72). La
metafora arcipelagica è impiegata anche da Marcello Ravveduto per descrivere la visione
didattica, epistemologica e comunicativa della public history: bisogna costruire
ponti tra la terra ferma dell’accademia e l’arcipelago della Public History […] è il
mare che, unendo e dividendo, consente lo scambio di relazioni tra la terra ferma e
l’arcipelago
( : 136-137) Un’altra metafora
particolarmente indicata a descrivere il processo di conoscenza della public history è
stata elaborata da Thomas Cauvin ( ). Si tratta di un albero
suddiviso in quattro parti: le radici, il tronco, i rami e le foglie. Mentre le radici
rappresentano la raccolta delle fonti, il tronco si riferisce alla loro interpretazione,
i rami ne costituiscono la loro diffusione, infine le foglie non sono che i molteplici
usi pubblici delle interpretazioni storiche. Questa struttura non è lineare, bensì
interconnessa poiché molto spesso avviene che le foglie, e dunque gli usi pubblici,
abbiano un’influenza decisiva su ciò che decidiamo di raccogliere e di conseguenza di
conservare (radici) ( : 219). L’appello lanciato da Andrea
Giardina, Liliana Segre e Andrea Camilleri è un invito a concepire la storia come bene
comune indispensabile per esercitare un pensiero critico e rifuggire da ogni conformismo
( ). La rivoluzione digitale apre la storia al
confronto con l’accessibilità e l’utilizzo, i principi su cui si è sviluppato il
dibattito intorno al concetto di bene comune che supera l’idea di proprietà, anche se
pubblica
( : 123). Pertanto, gli incroci tra le
citizen humanities e la digital public history consistono nell’intersezione tra il
modello arcipelagico della conoscenza e l’albero interconnesso della public history: lo
storico pubblico non è avulso dal contesto sociale dal momento che vive delle profonde
interconnessioni che stabilisce con la società stessa con la quale comunica ( ).
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