Il contributo riporta il contesto, la metodologia, gli strumenti, le problematiche, lo sviluppo e i piani per il futuro dell’attività di ricerca che ha dato vita nel 2018 all’edizione critica digitale collaborativa dei documenti dell’abbazia di S. Maria della Grotta, nata come una sperimentazione dell’editor della piattaforma Monasterium.Net e ormai conclusa. Essa, elaborata da un gruppo internazionale di studiosi, ha avuto la funzione di testare le possibilità di produrre edizioni critiche di documenti online, di creare un’edizione collaborativa e di affrontare il problema della ricezione dei prodotti digitali di questo tipo nell’ambito della comunità scientifica di riferimento, composta soprattutto di storici e di diplomatisti. In relazione al tema discusso nell’incontro, il processo che è alla base del lavoro di edizione ha suscitato alcuni spunti di riflessione, invitando a considerare anche la questione del pubblico cui destinare un’edizione digitale in un epoca come quella attuale, nella quale si offrono molte possibilità di scelta grazie ai portali online e alla collaborazione di reti internazionali di istituzioni in essi coinvolte.
The paper describes context, methodology, tools, problems, development and plans for the future of the research activities that gave rise in 2018 to the collaborative digital critical edition of the documents of the Abbey of S. Maria della Grotta, which started as an experimentation of the editor of the Monasterium.Net platform and is now completed. It was developed by an international group and its function was to test the platform’s possibilities of producing critical editions of documents online, to create a collaborative edition and to address the problem of the reception of digital products of this type within the scientific community of reference, composed mainly of historians and diplomatists. In relation to the theme discussed at the meeting, the process underlying the work of publishing gave rise to reflections, inviting us to reconsider also the target audience for a digital edition today, thanks to the possibilities offered by online portals and the collaboration of international networks of institutions involved in them.
Porsi il problema di elaborare al meglio i dati e le informazioni scaturiti da un’edizione per condurre ulteriori analisi, o semplicemente per consentirne una efficace esplorazione, è quasi sempre un’esigenza avvertita come naturale da parte degli editori. Ciò accade sia se si tratta di un’edizione a stampa, sia, e forse ancor di più, se l’edizione è digitale. Allo stesso tempo diventa spontaneo porsi delle domande riguardo al tipo di pubblico a cui può e deve essere rivolta l’edizione, e se esso può essere ampliato e diversificato. Per questo motivo, dopo aver completato l’edizione critica digitale dei documenti della prima metà del Duecento, provenienti dall’abbazia di S. Maria della Grotta, chi scrive ha ritenuto stimolante confrontarsi, durante il seminario dal quale scaturisce la presente pubblicazione, con altri gruppi di ricerca che avevano compiuto esperienze simili. La tematica del seminario, di sicuro interesse, non è stata una priorità del nostro lavoro di ricerca, eppure, la nostra esperienza è alla fine risultata di una certa utilità alla discussione e a noi, sia perché abbiamo avuto modo di evidenziare la peculiarità del contesto in cui è collocata la nostra edizione e come tale peculiarità abbia una ricaduta, almeno potenziale, sul suo pubblico, sia perché abbiamo aperto al confronto le nostre idee riguardo alla visualizzazione dei dati dell’edizione e al loro trattamento. Lo scritto che segue riporta questi apporti al dibattito su citato nei tre paragrafi che seguono.
L’edizione della quale tratteremo in questo contributo ha, come si è scritto, una sua specificità. Essa si pone in un framework di fonti digitalizzate, prodotte in un contesto votato alla conservazione e alla valorizzazione della documentazione europea. Si avvantaggia, inoltre, di un ambiente collaborativo di ricerca (MOM-CA), predisposto per la descrizione di tale documentazione e per la realizzazione di edizioni digitali. Se da una parte tale ambiente collaborativo ha collocato il nostro sforzo in una prospettiva di sperimentazione, e come tale, con la possibilità di poterla replicare in futuro, dall’altra, il contesto di conservazione, messo a disposizione dal progetto Monasterium, ha assicurato all’edizione stessa una probabilità di sopravvivenza sul Web per un lungo periodo. La piattaforma, infatti, è curata da questo punto di vista da istituzioni assai sensibili alla conservazione dei dati che hanno una determinata pianificazione per il futuro riguardo ad essa, cioè ICARUS (International Centre for Archival Research) e il Zentrum für Informationsmodellierung dell’Università di Graz. Quindi, sembra utile cominciare a scrivere proprio riguardo a tale contesto, rappresentato dal progetto Monasterium, e dal portale e dall’ambiente di ricerca collaborativo ad esso collegati.
Nel 2008, quando ha avuto inizio in modo continuativo la nostra collaborazione a Monasterium, erano già stati pubblicati, in Italia e in Europa, numerosi studi riguardo al trattamento dei documenti storici con le tecnologie digitali, nei quali le tematiche e le applicazioni riguardanti la tecnologia database e l’edizione critica digitale erano state ampiamente trattate. In questo ambito, lo sviluppo della Rete e, in particolare, del Web 2.0, aveva spalancato improvvisamente opportunità inimmaginabili fino ad allora per la fruibilità e la valorizzazione del materiale documentario, soprattutto pergamenaceo. In Italia e Oltralpe non ci si era attardati a coglierle. Dei portali online nati in quel periodo si vuole ricordare qui, a scopo puramente esemplificativo, il Diplomatico dell’Archivio di Stato di Firenze e quello dedicato al ‘Progetto Pergamo’. Entrambi erano forieri di un’assoluta novità, fornivano per la prima volta ad un pubblico specialistico la possibilità di consultare da remoto un numero significativo di documenti riprodotti in fotografie ad alta risoluzione e una mole più o meno voluminosa di dati ad essi correlati, di segnature archivistiche, di date topiche, di regesti, di edizioni già comparse a stampa. Essi, inoltre, nascevano nel solco delle attività di istituzioni archivistiche, legate a specifiche aree regionali italiane, la Toscana e la Puglia. Più o meno contemporaneamente anche il portale Monasterium aveva mosso i suoi primi passi dotandosi di una prospettiva regionale, proprio come le esperienze italiane su citate. Esso era stato spinto inizialmente, intorno al 2001, dall’intento di pubblicare online documenti conservati presso gli archivi monastici della Bassa Austria. Le analogie con le esperienze italiane però finiscono qui, sia perché Monasterium ha sempre offerto, fin dall’inizio, non solo la possibilità di consultare foto di documenti e dati, ma anche perché ha consentito di utilizzare online un software che ne permette il loro inserimento e il loro arricchimento, e infine perché in pochi anni ha raggiunto una dimensione transnazionale. Difatti nel 2008 il progetto si era già esteso a macchia d’olio, in modo capillare soprattutto in alcuni Paesi dell’Europa centro-orientale, dove per ragioni storico-archivistiche la maggiore concentrazione di materiale all’interno di sedi di conservazione di riferimento nazionale ha rappresentato un indubbio vantaggio per l’organizzazione di veloci processi di digitalizzazione. Di poi, il consolidarsi dei rapporti tra le varie istituzioni coinvolte, archivi e biblioteche soprattutto, ha determinato una diffusione rapida del progetto anche in altri Paesi, come la Germania, per esempio, producendo in pochi anni una vera e propria massa critica di documenti online. Questo imprinting, il maggiore coinvolgimento delle aree centro orientali europee e il procedere celermente grazie alla fitta rete di istituzioni in collegamento tra loro, è ancora operante nello sviluppo del portale e spiega, seppure in parte, perché paesi come l’Italia, ma anche la Spagna e la Francia, siano ancora tuttora scarsamente rappresentati in esso.
L’imponenza attuale dell’iniziativa, in termini di fotografie e di dati, e del numero delle istituzioni coinvolte, e potremmo aggiungere, la sua differente fisionomia rispetto ai casi italiani, si spiegano con il trasformarsi del network di istituzioni sopra richiamato in un centro di ricerca internazionale, cioè ICARUS. Esso ha fatto di tre parole chiave - comunità, cooperazione, infrastrutture digitali - la ricetta di una compattezza di intenti non comune nel contesto europeo di riferimento. Inoltre, bisogna evidenziare che in ICARUS gli archivi e le altre sedi di conservazione hanno il ruolo di content provider, facendo confluire su Monasterium (e su altre piattaforme tipo Matricula o Topotheque) le riproduzioni digitali, le descrizioni archivistiche e i metadati relativi ai documenti, grazie all’operato di gruppi di lavoro dislocati in Austria, a Graz e a Vienna, a Colonia e, più di recente, a Napoli, addetti a ricevere, oltre alle foto ad alta risoluzione, metadati descrittivi in vari formati (EAD, OAI, XML, SQL, etc.). Le istituzioni, inoltre, possono partecipare attivamente ad ampi progetti di ricerca e di valorizzazione della documentazione, finanziati da fondi europei. Non è raro, dunque, che nell'ambito di tali attività si creino comunità di lavoro e di ricerca trasversali per competenze e transnazionali per ampiezza. In una situazione del genere si verificano tutti i vantaggi delle grandi reti di cooperazione: condivisione della conoscenza, degli strumenti e delle pratiche, promozione di programmi di lavoro interdisciplinari orientati alla sperimentazione e alla cooperazione, sostegno del processo di acquisizione di competenze aggiornate; maggiore visibilità, e infine, ma aspetto non meno importante, una maggiore possibilità di impatto nel richiedere un sostegno politico che possa garantire un intervento sistematico a favore del patrimonio documentario digitale ( ).
In tale realtà, il nostro gruppo di ricerca, sorto presso l’Università di Napoli, supportato da due progetti europei, animato da interessi soprattutto paleografici e diplomatistici, ha seguito un certo percorso prima di approdare all’edizione digitale. Si è andato progressivamente impegnando ad implementare e a rendere disponibili le risorse che prediligeva per motivi di ricerca, cioè quelle prodotte dalla digitalizzazione dei documenti storici medievali, e, in prevalenza, dei documenti a carattere giuridico, su supporto pergamenaceo e in unità singola. È apparso davvero utile promuovere risorse sul portale Monasterium composte soprattutto di riproduzioni digitali di documenti - anche se da esse doveva scaturire solo la possibilità di accedere ad essi esclusivamente, in una fase iniziale, mediante le segnature; tale operazione difatti ha costituito e costituisce, in questo momento, la più lungimirante ed economica forma di valorizzazione e di ‘descrizione’ delle fonti documentarie, diventando una imprescindibile base, immediatamente fruibile, per ulteriori e sempre più approfondite chiavi di accesso alla documentazione (indicizzazioni, descrizioni, regesti, edizioni), da effettuare progressivamente negli anni e con le energie man mano disponibili ( ). È sembrato, inoltre, assai stimolante ricostruire virtualmente serie di documenti provenienti da antichi archivi conventuali, connessi a ben precisi progetti di ricerca, magari intrapresi anni prima in ambito analogico. Fino a quando, dopo aver sperimentato per anni il tool EditMOM, disponibile sul portale per inserire descrizioni, regesti, codifiche di documenti medievali, si è deciso di puntare più in alto e di realizzare la prima edizione critica digitale. È stata la prima volta, infatti, che un gruppo di ricerca, avvalendosi degli strumenti del portale, si cimentava in un’operazione del genere ( ; ; ).
Se da una parte la piattaforma Monasterium è nata anche con l’intento di riunire virtualmente fondi archivistici mitteleuropei al fine di facilitarne la consultazione da parte degli utenti ([1]), dall’altra parte il markup tool della piattaforma è il risultato della volontà di dare allo storico poco tecnofilo non solo uno strumento per fornire informazioni aggiuntive riguardanti i documenti digitalizzati ma anche una risorsa in grado di dare significato ai metadati inseriti. Tale tool, denominato EditMOM, sviluppato nella sua prima versione nel 2005 da Benjamin Burkard, è stato sin dall’inizio concepito in un’ottica partecipativa e collaborativa, che mirava nello stesso tempo a facilitare esigenze future di ricerca, e ad aprire i documenti medievali codificati al data-mining ( ; ).
Quando nel 2014 a Copenaghen si discuteva l’idea di Antonella Ambrosio di creare un’edizione digitale di documenti notarili dell’Italia meridionale, chartae, brevia, scripta a tradizione longobarda, servendosi della piattaforma Monasterium ( : XXV-XXVI), EditMOM3 era stato appena reso accessibile in una versione ancora beta, con diverse nuove funzionalità. Inoltre, il portale aveva allora messo a disposizione dell’utente registrato un ulteriore strumento, sviluppato da André Streicher, che permetteva di ritagliare parti del documento digitalizzato e di collegare questo ritaglio a un markup presente nei metadati, creando quindi un’annotazione, e conferendo di fatto significato ad un dettaglio della riproduzione del documento. In questa maniera era già possibile realizzare collezioni di parti di immagini, ad esempio signa notarili, provenienti da diversi documenti. D’altra parte il gruppo di ricerca stava lavorando da tempo alle pergamene della Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria, già online sulla piattaforma, per cui disponeva delle riproduzioni dei documenti dell’abbazia ivi conservati ( ; ). Il nucleo preso in considerazione riguardava, infatti, i documenti privati dell’abbazia di S. Maria della Grotta, sita nell’ambito dell’attuale territorio di Vitulano, in provincia di Benevento. Nel 2013 era nato, presso il Dipartimento di studi umanistici, prima all’interno del progetto europeo ENArC e poi nel progetto co:op, un cantiere di ricerca teso allo studio e alla valorizzazione della documentazione dell’ente religioso, nel quale era stato coinvolto anche il comune di Vitulano. I documenti fino al 1200 erano stati pubblicati da Antonella Ambrosio in un’edizione cartacea e nella parte introduttiva erano state rilevate e rese note per la prima volta le forme della documentazione dell’area coincidente con la valle vitulanese. Le condizioni erano quindi tutte favorevoli a che si procedesse al testing del tool editoriale sui documenti della prima metà del XIII secolo, operazione che stavolta era resa possibile dalla collaborazione di un gruppo di studiosi con alle spalle esperienze eterogenee nell’ambito della codifica e dell’edizione digitale.
L’editor EditMOM3 produce documenti codificati in XML/CEI, uno standard di codifica
sviluppato per la rappresentazione digitale di documenti medievali dalla Charters
Encoding Initiative, basato sulle linee guida della Text Encoding
Initiative (TEI), all’epoca nella versione P4. Questa
codifica XML è nascosta all’utente nella visualizzazione standard, dato che lo strumento
è un editor What you see is what you mean (WYSIWYM), ma può anche essere
visualizzata all’occorenza per controllarne l’andamento man mano che la si esegue. Di
norma, pertanto, ci si trova davanti a una schermata strutturata di input con campi che
sono collocati al di sotto della riproduzione del documento e corrispondono a
determinate sezioni nel documento XML ( ). Per aggiungere
informazioni, ossia metadati ad un documento esistente, l’utente compila ad esempio il
campo regesto
, inserendo i dati nella relativa sezione
del XML o, più
precisamente, nell’elemento <cei:abstract>. Un secondo livello di codifica può
essere aggiunto avvalendosi dei menu dropdown, ad esempio in caso di necessità
di contrassegnare nel regesto citazioni letterali dal documento (<cei:quote>). Di
conseguenza il testo così codificato appare racchiuso tra le virgolette uncinate nella
schermata di input. Un terzo livello, di particolare importanza per un’edizione
critica, consiste nella possibilità di aggiungere attributi agli elementi del XML
mediante un menu dedicato che permette, ad esempio, in caso di una aggiunta di testo
(<cei:add>), di specificare la mano (<cei:add hand=”A”>), o, come si vede
nella , nel rettangolo a destra in basso, di descrivere una
invocatio in modo più dettagliato con la specificazione diversi attributi.
EditMOM3 si presta quindi ad un approccio graduale da parte dell’utente-editore, e questa caratteristica è stata fondamentale nel rendere possibile il lavoro di un gruppo molto eterogeneo, che si è formato in itinere nel corso alcuni workshop. La collaborazione degli editori dislocati in due paesi diversi, l’Italia e l’Austria, è stata inoltre facilitata dalla funzionalità delle collections che permette a ogni editore di lavorare sia in un ambiente privato con i suoi documenti, e di avere quindi una sorta di scrivania virtuale con i vari strumenti della piattaforma, sia di condividere i documenti ai quali sta lavorando con gli altri membri del gruppo. Per la discussione e lo scambio delle opinioni durante l’attività collaborativa è stato invece necessario ricorrere ad alcuni strumenti esterni, quali diversi social media, vari documenti di discussione e manuali condivisi; si è infine optato per una banca dei dati bibliografici comune ed esterna al portale.
Dopo una prima fase di testing e la sperimentazione di diverse soluzioni di codifica per descrivere fenomeni paleografici e testuali, si è vista emergere nel gruppo la necessità di adottare soluzioni uniformi. Si sono dunque prodotti, oltre all’edizione digitale, anche materiali di sussidio, in primis un manuale d’uso e in un secondo momento un prontuario con le soluzioni di codifica adottate. Quest’ultimo è il risultato di una fase di lavoro più avanzata, che ha mirato ad assicurare all’edizione digitale una certa ricezione nella comunità scientifica di riferimento (formata da diplomatisti e da storici) e che è indirizzata in particolare a coloro che non sono in grado di leggere un file XML o di interpretare correttamente la visualizzazione di un documento codificato per intero nella piattaforma. Per ovviare a questo problema si è deciso di produrre una versione spin-off, cioè generata partendo dai file XML dei documenti editi nel portale, ma destinata alla stampa. La soluzione adottata è consistita in una trasformazione dei dati esportati dalla piattaforma mediante il linguaggio XSLT (eXtensible Stylesheet Language Transformations). Il risultante file contiene indicazioni per la formattazione in formato XSL-FO (Extensible Stylesheet Language Formatting Objects), e da esso è possibile produrre, con l’aiuto di un processore FO, un PDF stampabile. Di questa parte del lavoro si è occupato Hans Clausen, digital humanist presso l’Università di Graz, in cooperazione con Vera Schwarz-Ricci. Dal processo di analisi dell’output desiderato e da quello di testing delle soluzioni di codifica adottate è scaturita una mappatura degli elementi e degli attributi del XML/CEI associati al relativo output tipografico, in altri termini il prontuario sopra menzionato.
Quest’ultima fase del lavoro ha avuto ripercussioni sulle attività del gruppo sia perché ha portato alla luce le disomogeneità che si sono prodotte durante il lavoro di edizione, e che erano ancora presenti nella codifica dei diversi documenti, sia perché ha richiesto alcuni compromessi nelle soluzioni di markup adottate. In particolare la codifica multipla di una singola parola presentava in determinati casi dei problemi che sarebbero stati risolvibili dal punto di vista tecnico ma troppo dispendiosi soprattutto in termini di tempo. Ad esempio, nel caso della segnalazione di due fenomeni nella stessa parola, un’aggiunta e una correzione, entrambi gli elementi (<cei:add> e <cei:corr>) dovevano produrre una nota a piè di pagina, il che sarebbe risultato nel pdf in due note su un’unica parola. In casi del genere, anche ai fini della leggibilità, si è optato per modificare il markup e codificare solo uno dei due elementi per poi descrivere entrambi i fenomeni nel medesimo attributo dell’unico elemento ammissibile.
Si può rilevare però che la procedura di trasformazione ha prodotto anche alcuni vantaggi: nella sua qualità di selezione (solo gli elementi necessari dagli XML originari saranno trasferiti nel file sul quale opera il processore FO), essa ha reso pienamente visibile la natura della nostra edizione digitale, la quale si configura come una vera e propria Scholarly Digital Edition, non suscettibile di essere trasferita in un altro medium senza subire perdite ( : 27). Posizionando tutti i documenti in sequenza cronologica la procedura ha fatto emergere anche le restrizioni che il digitale ha imposto all’edizione: i documenti nel digitale risultano stand-alone, delinearizzati, e si presentano corredati di alcune informazioni che nell’output tipografico appaiono ripetitive. Sul piano individuale la trasformazione ha favorito nei singoli editori una maggiore familiarità con la marcatura XML, la quale risultava d’altra parte già facilitata dall’editor stesso che rende possibile visualizzare tale marcatura nelle modalità precedentemente descritte ( ).
Questa particolare visualizzazione può risultare invece problematica per utenti avanzati
a causa del fatto che essi non possono intervenire direttamente nella codifica XML che
si sta producendo. Per sopperire a questo problema Monasterium offre la possibilità di
effettuare il download dei documenti in formato XML, il che permette anche una ulteriore
elaborazione esterna o l’interrogazione con strumenti esterni, ad esempio X-Path. Un
altro aspetto critico nell’utilizzo della piattaforma risiede nel fatto che tutti coloro
che utilizzano un’edizione critica, e in particolare i curatori della stessa (se attuata
in forma collaborativa), per contrastare la fluidità dell’edizione digitale, devono
poter richiamare informazioni riguardanti le modifiche apportate, il loro autore e la
data in cui sono avvenute. Al momento, tuttavia, queste informazioni sono ricavabili
dalla visualizzazione XML, ma non è possibile risalire a indicazioni sulla natura
dell’intervento o confrontare la codifica prima o dopo un intervento che l’abbia
modificata. Al momento uno strumento del genere è disponibile all’interno di Monasterium
solo per gli utenti che rivestono il ruolo di moderatori
, e può essere utilizzato
per approvare o meno le modifiche apportate dagli altri utenti, prima di procedere a
pubblicare un documento.
Per quanto attiene agli strumenti accessori che fanno parte di un’edizione e che offrono chiavi di accesso ai contenuti, come gli indici o gli elenchi di vario tipo (ad esempio quelli dei nomi dei rogatari o dei giudici), nel nostro caso si è effettuata un’indicizzazione di base dei nomi di persona e dei luoghi che compaiono all’interno del testo dei documenti. Tale indicizzazione appare alla fine di ogni documento nella visualizzazione standard su Monasterium e può essere rielaborata per creare un indice accessibile mediante funzionalità di ricerca per indici della piattaforma, come è stato fatto nel caso di una parte dei giudici e dei notai per il Codex Diplomaticus Cavensis, anch’esso collocato su Monasterium. Nel caso dell’edizione cartacea dei documenti di S. Maria della Grotta i singoli editori coinvolti hanno provveduto a una prima indicizzazione di base dei documenti loro affidati. Successivamente si è proceduto a un arricchimento degli indici stessi e all’aggiunta di elenchi di varia natura per offrire all’utente un numero maggiore di criteri di accesso. Questi indici non sono ancora disponibili nell’edizione digitale, la cui ricercabilità al momento è garantita dall’interno dal motore di ricerca implementato in Monasterium e dall’esterno da motori di ricerca come Google e Bing.
Per il futuro è previsto un trasferimento della piattaforma a una nuova infrastruttura tecnica che faciliterà l’elaborazione di dati con i metodi del machine learning, i quali offriranno per l’intero set di dati di Monasterium, inclusa la nostra edizione, tecnologie come l’Handwritten Text Recognition, le Annotations for named entities, il Natural Language Processing, la Computer Vision e l’integrazione nel Web of Data. A più breve termine ci auguriamo di poter integrare anche l’edizione nella pubblicazione di dataset di ricerca aperti, già in corso di realizzazione per una parte dei dati di Monasterium sulla piattaforma GAMS.
Ci sembra utile richiamare nelle conclusioni il punto di partenza di questo contributo, cioè la descrizione di una realtà, composta dalla rete internazionale e dal portale Monasterium.Net, dal tool EditMOM che, seppure oggetto di diverse pubblicazioni, non è ancora conosciuta a fondo nell’alveo nazionale delle Digital Humanities. Essa ci permette di evidenziare che il lavoro di edizione critica digitale di documenti medievali, tradizionalmente legato all’attività del singolo ricercatore o del gruppo di ricerca e alla fruizione di un pubblico perlopiù specialistico, si colloca nel nostro caso in un ambiente di produzione più ampio e con possibilità di interlocuzione decisamente più estese ed articolate. Infatti l’edizione va ad inserirsi in un contesto particolare, rappresentato dalla progettualità di istituzioni europee tese alla conservazione in ambiente digitale del loro materiale documentario, nonché alla valorizzazione e alla comunicazione di esso ad un pubblico amplissimo e variegato, presente online, grazie alla produzione perlopiù di regesti o dati minimi di descrizione, ma non di rado anche ad attività fortemente creative e di divulgazione, nonché formative di vario livello. Altra tipologia di pubblico è garantita, inoltre, dal fatto che il portale è collegato ad ambienti di apprendimento e ad attività didattiche rivolte a studenti universitari europei di vario ordine e grado, promosse dai docenti presenti in ICARUS che insegnano Paleografia, Diplomatica, Archivistica, Storia. Ancora, un’edizione sul portale Monasterium può fornire ad altri gruppi di ricerca, che gravitano intorno ad esso, una mole di dati che possono essere utili in altri progetti. Infine, dato che in MOMCA è possibile perfezionare i dati esistenti o inserirne di nuovi, semplicemente e da remoto, ciò può consentire un’ operazione di crowdsourcing, alla quale è applicabile la moderazione online da parte dei responsabili del progetto di edizione. In tal modo un’edizione può avere, se lo si desidera, un grande impatto su una platea di interessati alla quale è permesso addirittura di collaborare ai dati. Tutto ciò dimostra che potremo cominciare a riflettere sul fatto che la nostra edizione, e con essa anche altre edizioni prodotte in contesti simili, hanno notevoli possibilità di incontrare una maggiore e più composita fetta di pubblico rispetto a quelle nate in progetti animati da più piccoli e coesi gruppi di ricerca. Le modalità, gli strumenti, i risultati, e alla fina la qualità di tale incontro sono naturalmente ancora tutti da definire, è vero; eppure il poter collocare un’edizione non più soltanto davanti ad una platea specializzata dei ricercatori italiani del settore, ma anche all’insieme di tutti gli studiosi, degli archivisti e dei funzionari delle sedi di conservazione, nonché degli studenti universitari e dei semplici interessati gravitanti intorno ad una comunità di dimensione internazionale, appare un fatto nuovo, meritevole di essere conosciuto più ampiamente in Italia, auspicando ulteriori comuni riflessioni e anche ulteriori collaborazioni.
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Antonella Ambrosio ha scritto i paragrafi 1 e 2; il paragrafo 3 è a firma di Vera Isabell Schwarz-Ricci e il paragrafo 4 è stato steso da entrambe le autrici.
Per l’applicativo Monasterium Collaborative Archive (MOM-CA) cf. https://github.com/icaruseu/mom-ca (cons. il 10/6/2021).
http://www.monasterium.net/ (cons. il 10/6/2021). Varie pubblicazioni riguardo allo sviluppo di Monasterium si trovano al link: https://www.icar-us.eu/en/cooperation/online-portals/monasterium-net/publications/ (cons. il 10/6/2021).
Il dibattito, nato negli anni Settanta del secolo scorso, che manca ancora di uno studio unitario e interpretativo, viene richiamato da .
Per il Diplomatico dell’Archivio di Stato di Firenze vedi , in particolare p. 73, n. 1. Il progetto ‘Pergamo Puglia’ che ha successivamente preso il nome di ‘Pergamene di Puglia online’ si trova al link: http://www.sapuglia.it/index.php/elenco-complessi-archivistici (cons. il 10/6/2021).
Riguardo allo sviluppo di Monasterium cf. le note 2 e 3. Per una panoramica dei portali extraeuropei cf. .
Cf. per la bibliografia riguardo al progetto Monasterium anche .
Cf. nota 5.
Per il progetto di ricerca intitolato 'S. Maria in Gruptis di Vitulano' del quale è responsabile scientifico Antonella Ambrosio, e che è tuttora operante, si veda la pagina Web http://www.coop-unina.org/santa-maria-in-gruptis-di-vitulano-bn-progetto-di-ricerca/. Di seguito le informazioni riguardo ai due progetti europei: ENArC: European Network on Archival Cooperation - EU, Culture Programme, 2007-2013 (https://enarc.icar-us.eu/); co:op: Community as Opportunity. The Creative Archives' and Users' Network - EU, Creative Europe 2014-2020 (https://www.coop-project.eu/).
Cf. . Si vedano per le forme documentali in particolare le pp. V-XXXI. Le ricerche del gruppo, basate su entrambe le edizioni critiche del 2013 e del 2018, riguardanti le forme documentali dal punto di vista paleografico, diplomatistico e storico tout court, nell'ambito del progetto su citato 'S. Maria in Gruptis', sono ancora in corso e attualmente inedite. I primi risultati riguardo all'argomento sono stati presentati in una sessione di un convegno internazionale dal titolo Southern Italy in the Norman and Staufen Periods. Documents and Digital Technologies, session at Leeds International Medieval Congress, Institute for Medieval Studies of Leeds, Leeds (4-7 July 2016) nell'ambito dell'Introduzione ai lavori di Antonella Ambrosio e delle relazioni di Adele Di Lorenzo, Paola Massa, Vera Isabell Schwarz-Ricci. La sessione è stata organizzata da Antonella Ambrosio e sponsorizzata dal progetto ENArC; l'intervento di Paola Massa a Leeds, rielaborato dopo il 2018, è stato pubblicato in .
Il gruppo di ricerca per l’edizione digitale è nato nel 2015 ed è stato composto fino al 2018 da Antonella Ambrosio, Giovanni Araldi, Hans Clausen, Maria Rosaria Falcone, Paola Massa, Vera Isabell Schwarz-Ricci, Maria Elisabetta Vendemia, Georg Vogeler. Cf. .
Cf. . La documentazione dello standard è reperibile al seguente URL: http://www.cei.lmu.de/. Le operazioni di conversione della CEI a TEI-P5 sono tuttora in corso (https://github.com/GVogeler/CEI2TEI, cons. il 10/6/2021). Monasterium usa già la TEI-P5 per l'indice di persone.
La soluzione adottata è Zotero; la bibliografia dell’edizione si trova al seguente URL: https://www.zotero.org/groups/332249/edizionesmg (cons. il 10/6/2021).
Cf. , la trasformazione digitale è disponibile al link https://github.com/GVogeler/cei2pdf-SMG (cons. il 10/6/2021).
Giuseppe Consolo, Tiziano Balbi, Introduzione alla Collection Codex diplomaticus Cavensis: https://www.monasterium.net/mom/CodexDiplomaticusCavensis/collection (cons. il 10/6/2021).
Cf. a questo proposito l’ERC Adavanced Grant From Digital to Distant Diplomatics (principal investigator: Georg Vogeler, Università di Graz, https://informationsmodellierung.uni-graz.at/en/research/didip/, cons. il 10/6/2021). Per l’integrazione delle tecnologie del Web of Data nelle edizioni digitali cf. ; ; .
Urkunden als offene Forschungsdaten: http://gams.uni-graz.at/context:cord (cons. il 10/6/2021).
Cf. ad esempio l’ampio progetto European Digital Treasures: Management of centennial archives in the 21 st century (EU, Creative Europe 2018-2022 - https://www.digitaltreasures.eu/ (cons. il 10/6/2021).
In ICARUS esiste un Didactics workgroup internazionale per il quale cf. https://www.icar-us.eu/en/cooperation/work-groups/ (cons. il 10/6/2021).
La base di dati della nostra edizione, per esempio, viene attualmente utilizzata nell’ambito di altri progetti nazionali e internazionali, come, per esempio, HOME, basato sul riconoscimento automatico della scrittura (https://www.history-of-medieval-europe.eu, cons. il 10/6/2021).