Il contributo riassume i problemi, le sfide e le esperienze di ricerca dei più recenti progetti di digitalizzazione di fonti senesi da parte degli storici. In questo quadro si guarda alle fonti fiscali, in particolare le dichiarazioni dei contribuenti senesi quattrocentesche, come laboratorio nel quale pensare un terreno comune capace di far influire e incrociare dati e informazioni provenienti da altre fonti in grado di supplire eventuali lacune.
This paper describes problems, challenges and research experiences of the most recent projects of digitization of Sienese sources by historians. In this framework, we look at tax records, in particular those of the fifteenth century, as a laboratory in which to think of a common ground. The main goal is to collect data and to cross-reference them with information coming from other sources, so that we can fill possible gaps.
Le fonti fiscali delle città tardomedievali sono un campo di ricerca che ha una lunga e ricca tradizione di studi. Esse hanno conosciuto, a partire dalla fine dell’Ottocento, varie stagioni ed esperienze ed è stato senz’altro il campo dove l’integrazione dell’analisi storica e l’elaborazione elettronica dei dati ha conseguito i primi risultati. Fino agli anni Cinquanta e Sessanta del XX secolo ha prevalso su di esse un interesse di tipo istituzionale e politico oltre ad aspetti di natura economica. Nei decenni seguenti sono state oggetto di una pluralità d’interessi e punti di vista tali da mettere a fuoco alcuni temi fondamentali. I sistemi di gestione della proprietà fondiaria e agraria nonché degli spazi urbani sono stati al centro degli studi coordinati da Giovanni Cherubini per il caso senese e da Elio Conti per quello fiorentino. Il grande progetto di David Herlihy sulla schedatura del catasto fiorentino nel 1427, con l’interesse prevalente alla ricostruzione della società di Firenze del Quattrocento, è stato senz’altro il primo grande cantiere in cui sono stati utilizzati gli elaboratori elettronici per la gestione dei dati, grazie alla quale oggi disponiamo di una banca dati interrogabile on line. In quegli stessi anni le fonti fiscali furono eletti a campo di ricerca di studi diametralmente opposti quali l’alfabetismo e la cultura scritta. Ciò fu dovuto all’autografia delle denunce fiscali quattrocentesche o agli aspetti filologici di questa documentazione nel panorama della lingua volgare del XIII secolo. In area senese, proprio alla fine degli anni Settanta, ebbe luogo un seminario permanente sul tema della cultura scritta e alfabetismo. Negli ultimi anni invece l’attenzione si è spostata sul rapporto di estimi e cittadinanza, valorizzando il carattere non esclusivamente fiscale di questa documentazione. Gli estimi erano il requisito indispensabile per l’accesso alla cittadinanza e ci consentono di definire il grado e la consistenza dei diritti politici dei cittadini. Infine la definizione del valore delle cose e delle persone all’interno dello spazio politico cittadino sono stati al centro degli studi coordinati da Massimo Vallerani.
In altre parole, il caso senese e i suoi estimi cittadini sono un caso da tempo presente nella storiografia. Nondimeno il potenziale di tale documentazione rimane ancora elevato e di difficile accesso. A Siena il sistema d’imposizione ordinaria dell’imposta diretta era fondato su un sistema di estimo che assunse il nome di ‘Lira’. Per Lira s’intende quindi la redazione di estimi per la valutazione della ricchezza dei cittadini, calcolata da commissioni di ‘allibratori’ sulla base della conoscenza diretta della ricchezza dei primi. Essa veniva tuttavia integrata da denunce scritte dai contribuenti in un primo tempo in forma orale, per passare nel corso del tempo in forma scritta. La Lira e l’Estimo erano anzitutto funzionali alla discussione dell’imposta diretta – che assunse il nome di dazio – ma furono anche la base per l’imposizione di altre forme di fiscalità (prestiti forzosi, imposte straordinarie, cavallate, etc.) La Lira ha dunque una struttura di lungo periodo. Il suo ufficio e la sua pratica rimase in piedi per tutta l’età comunale: dalla prima attestazione della fine del XII secolo perdurerà fino al XVI. La sua redazione e rinnovo era caratterizzata da una periodicità irregolare almeno formalmente fino al 1430, ossia quando con una riforma si stabilì il rifacimento ogni sette anni. Benché tale disposizione non venne sempre rispettata, ciò ha permesso la conservazione di una serie costante di denunce per tutta la seconda metà del XV secolo. Per quanto riguarda il rapporto tra alliramento e cittadinanza, anche a Siena l’iscrizione alla Lira era la condizione necessaria per ottenere tale diritto.
L’altra particolarità del caso senese è il fatto che Siena si inserì precocemente nella redazione di catasti con la questione del bilanciamento tra il peso attribuito alla proprietà fondiaria nella valutazione della ricchezza del cittadino rispetto alla valutazione del mobile, ossia delle sue ricchezze liquide, del provento, del lavoro, dei capitali commerciali, nodo comune a tutti i sistemi fiscali e agli estimi del XIII e XIV secolo. Gli accertamenti sulle proprietà fondiarie produssero un monumento documentario, una grande fonte, ossia la ‘Tavola delle possessioni’. Stiamo parlando di un catasto particellare, redatto tra il 1316 e il 1318, in cui – diversamente dalla Lira dove venivano censiti i cittadini – venne registrato ciascun bene ricondotto in seguito al patrimonio di ogni cittadino. Questa grande operazione ci permette di godere di una preziosa fonte che, affiancata alla documentazione della Lira, conserva un enorme potenziale.
È proprio in questo contesto che negli ultimi anni sono state avviate alcune esperienze di ricerca che, mosse da un condiviso approccio di storia sociale, sono finite per convergere verso una metodologia di analisi prosopografica applicata alla storia cittadina della Siena del Tre-Quattrocento: 1) banche dati relative ai ‘riseduti’ dei Nove (coloro che parteciparono al governo popolare della ‘mezzana gente’) realizzata da Sergio Raveggi e Alessia Zombardo; 2) gli interessi di Michele Pellegrini per le esperienze religiose, per l’assistenza e per le istituzioni ecclesiastiche hanno portato a studiare la Tavola, grazie alla quale è possibile avere contezza – diversamente da molte altre fonti fiscali – delle proprietà di tutti i chierici e di tutte le istituzioni ecclesiastiche cittadine; 3) gli studi di Gabriella Piccinni hanno dato alla luce la schedatura della ‘matricola della Mercanzia’; 4) il prezioso database realizzato da Elena Brizio – purtroppo ancora in formato cartaceo – sulla classe dirigente senese nella seconda metà del Trecento; 5) infine le nuove indagini condotte sul tessile da chi scrive ha prodotto diverse banche dati per lo studio del mondo del lavoro e delle manifatture. Tutto ciò ha creato l’esigenza di far interagire tra loro queste banche dati facendo dialogare fonti diverse, di periodi diversi, per seguire nel tempo il rapporto tra individui e ricchezze, gli svolgimenti di carriere individuali e di gruppi familiari, dinamiche di ceti, in una cronologia non più soltanto puntuale, come quelle delle fonti schedate, ma estesa su due secoli. Infatti ognuna di queste esperienze non ha visto alcun tipo di correlazione o dialogo essendo pensate all'interno di specifici percorsi di ricerca. Un primo passo, oltre alla pubblicazione, potrebbe essere quello di far interagire fra loro queste prime elaborazioni così da dare nuova vita a queste banche dati.
Da quanto precede risulta evidente che le sperimentazioni di ricerca sulle fonti fiscali tardomedievali che ci si accinge ad illustrare non partono da iniziative che guardano in primo luogo a progetti di edizione, ma nascono dalle esperienze di lavoro e di schedatura condotte sui dati storici ricavati da estimi e catasti senesi Tre-Quattrocenteschi. Tali lavori hanno implicato ovviamente sia progetti di fotoriproduzione sia di costruzione di database per la gestione dei dati. Pertanto un primo obiettivo di questo articolo è quello di evidenziare i vantaggi, i limiti ma soprattutto i problemi riscontrati nell’elaborazione di questi dati da parte degli storici nella speranza futura di poter risolvere questi ostacoli.
In primo luogo, il Progetto Tabula condotto sulla ‘Tavola delle possessioni’, oltre alla fotoriproduzione di 50 registri (per un totale di oltre 10.500 carte) ha prodotto una banca dati sui proprietari cittadini del catasto del 1316-18, ammontante a 6.237 unità fiscali. Di recente ha preso avvio la schedatura sistematica delle Lire del primo Trecento al fine di mettere in relazione questi dati con quelli forniti dal catasto coevo. Per quanto riguarda la documentazione della Lira del XV secolo, si conservano le denunce autografe presentate dai cittadini dal 1453 al 1509. Accanto a queste esistono i registri, frutto dell’elaborazione delle denunce e della ‘sterzatura’ della Lira – vale a dire una sorta di media tra i valori ricavati dalle commissioni – con gli imponibili di alliramento. Grazie a questi valori, attraverso dei coefficienti, veniva calcolata poi la ripartizione del carico di imposta di ogni singolo cittadino. Accanto a questi, tra i più conservati, sono sopravvissuti dei registri dove venivano aggiornati gli alliramenti tra una Lira e l’altra. Esistono inoltre diversi registri di pagamenti effettuati sulle imposte come le ‘Preste’.
I database da me realizzati durante lo studio della realtà economica senese del XIV e XV secolo non fanno altro che mettere in relazione i registri degli imponibili con le denunce autografe del 1453. In altre parole, adesso è possibile risalire immediatamente sia all’imponibile che alle denunce – queste conservate all’interno di 14 filze (8-9.000 carte scritte) – di 3.415 nuclei familiari senesi. A questo primo database è stato affiancato un altro relativo al contenuto delle denunce. Ciò consente di conoscere, oltre ai dati anagrafici (genere, nome, patronimico, avonimico, cognome, provenienza, residenza), anche elementi relativi alla vita professionale e privata (consistenza del nucleo familiare, mestiere, debitori, creditori, immobili in città o nel contado, affitti pagati, salari, capitali investiti, soci in compagnie, capacità produttiva delle botteghe, denari investiti sul ‘debito pubblico’, bestiame, scorte, etc.) Quest’ultimi dati sono stati quindi raccolti in un altro database per quanto riguarda gli individui coinvolti nel settore tessile senese.
L’incrocio di imponibili e denunce ha permesso in questo caso di risolvere alcuni nodi problematici che spesso le schedature portano con sé. Primo fra tutti l’identificazione delle persone e dei sistemi di designazione onomastica che confondono spesso l’analisi – soprattutto nel passaggio fra XIV e XV secolo – con il doppio registro linguistico latino e volgare. Per il corretto funzionamento delle banche dati realizzate su altre fonti, infatti, è spesso necessario individuare le persone citate sia nella forma volgare che latina. Ciò comporta solitamente la costruzione di tesauri o sistemi che permettano di reperire l’informazione al di là della forma con cui la si è schedata. Nel caso delle denunce l’incrocio dei dati e l’utilizzazione prevalente della forma volgare hanno permesso di semplificare il dato senza però appiattirlo (i nomi di molte donne, per esempio, vengono riportate sia nella forma relativa al marito che quella di battesimo attraverso doppie schede collegate fra loro). Omissioni o eventuali errori commessi dagli ufficiali preposti alla compilazione del registro con gli imponibili sono stati colmati dalle medesime denunce. L’intreccio dei dati rimane quindi una delle armi più efficaci sull’individuazione delle persone soprattutto all’interno di fonti con registri linguistici diversi. In altre parole, allargando il quadro, il dato dei valori che ci forniscono questi estimi prendono senso all’interno dell’ordinamento dei valori simili esistenti all’interno di altre fonti. Dunque, il livello di ricchezza di una persona ci deriva sempre dalla relazione tra il dato posseduto sull’individuo e l’andamento dei dati complessivi per quella circoscrizione e/o per l’intera città. Ciò comporta che il dato diventa ‘parlante’ soltanto se il sistema ci consente immediatamente di posizionarlo in una lista di valori, in un ordine di grandezza che deriva dall’esame dell’intera lista dei valori. Nella fattispecie il quadro di ogni individuo si arricchisce continuamente allorquando si naviga all’interno dei contenuti delle denunce, andando a cercare le persone con le quali l’individuo instaurò relazioni.
Un valore aggiunto delle denunce autografe è che il dato risulta già in gran parte strutturato. Ciò si deve alla normativa del tempo, la quale puntò a una standardizzazione delle stesse. Questo fa sì che le denunce siano, nella maggior parte dei casi, redatte nel medesimo modo: il denunciante dopo aver dichiarato il proprio nome e residenza dichiarava subito se viveva in affitto o in case di proprietà, per passare a enumerare gli immobili, i capitali investiti e i crediti nei confronti di altri soggetti. A seguire venivano illustrate le passività (debiti, oneri e nucleo familiare) accompagnate quasi sempre infine da un’accorata supplica. Tutti i valori numerici, oltre a essere inseriti all’interno del testo, appaiono così sempre incolonnati sulla destra in cifre arabe o romane ( ).
Rari i casi difformi e, comunque sia, relativi a povera gente quasi nullatenente. Ciò permette facilmente di ricavare i dati dalla fonte fermo restando, in verità, una non modesta capacità di lettura dovuta proprio alle varie facoltà scrittorie dei denuncianti. La diversa consistenza patrimoniale, anche in presenza di una trascrizione integrale delle denunce, rende tuttavia quasi impossibile l’individuazione attraverso ipotetici algoritmi di blocchi all’interno del testo. La trascrizione integrale, d’altra parte, sarebbe più funzionale per gli studi filologici piuttosto che a quelli storici. Questo implica un forte rapporto con l’immagine originale per più motivi. Certamente la schedatura dei dati depaupera sempre in parte le informazioni della fonte (basti pensare alle suppliche dei dichiaranti ricche di sfumature difficilmente ‘incasellabili’) e talvolta sono proprio gli elementi paleografici a rivelare dinamiche più complesse. Per fare solo un esempio grazie all’analisi della scrittura è stato possibile rilevare come la maggior parte dei tedeschi presenti a Siena non redigessero personalmente le denunce, ma si rivolgessero tutti al medesimo notaio ( ).
Ad ogni modo i database sin qui realizzati per mezzo di vari software (Excel, Access o FileMaker) non permettono di effettuare agevolmente calcoli o relazioni complesse tra i dati schedati, se non attraverso complesse formule. La creazione di nuovi contenuti per mezzo di interrogazioni articolate è ancora il vero campo da sviluppare e potenziare. Chiedere a questi database in maniera immediata quale mercante di panni di lino, residente in un determinato luogo, originario dell’Italia settentrionale, fosse tra i cittadini più abbienti fra il 1453 e il 1468, è al momento impossibile. Tali elaborazioni vengono al presente ugualmente portate a compimento, in più passaggi, per mezzo dell’elaborazione manuale dei dati.
Come già notato, quindi, l’attuale situazione basata sull’uso di database contenenti testi utili per la ricerca storica presenta alcuni limiti:
non tutti i database creati sono attualmente accessibili e consultabili pubblicamente: al contrario solo una piccola percentuale del lavoro svolto è al momento condiviso con la comunità accademica per una serie di ragioni;
i database disponibili non comunicano fra di loro: la stessa tipologia di ricerca deve essere ripetuta su più database con modalità di interrogazione e presentazione dei risultati ogni volta diversi;
la frammentazione dei materiali rende la loro consultazione e lettura meno agevole di quanto sarebbe desiderabile.
La presentazione di questi materiali sotto forma di edizioni digitali, viceversa, presenta alcuni vantaggi già illustrati sopra, e renderebbe più accessibili i testi. Ad oggi chiunque cercasse nella Lira senese la denuncia fiscale redatta nel 1453 da un singolo individuo dovrebbe dapprima consultare il registro con gli imponibili di tutti gli allirati a Siena salvo poi, dopo aver recuperato la circoscrizione territoriale nel quale abitava (Terzo e Compagnia), sfogliare carta per carta le centinaia di carte della relativa filza. A questo punto, una volta trovata, si dischiuderebbero dinanzi agli occhi dello studioso tutta una serie di nomi con il quale l’individuo era in rapporti o toponimi relativi a beni immobili. Se si volesse approfondire la ricerca e, quindi, sapere ad esempio quanto capitale avesse investito il compagno del soggetto in questione toccherebbe ritornare al libro degli imponibili nella speranza di trovare l’altro soggetto. Tutto ciò senza contare che oltre ai registri degli imponibili relativi all’anno di stesura della Lira di quell’anno esistono i registri nei quali vennero aggiornate le stime o aggiunti gli individui inurbati. In altre parole un soggetto trasferitosi a Siena l’anno seguente, ossia nel 1454, non risulterebbe nel registro redatto al momento della stesura ma in altri. Questi sono solo alcuni dei problemi che si possono riscontrare, fermo restando che anche volendo rimanere circoscritti al singolo individuo tali ostacoli si ripresenterebbero nelle Lire indette nei decenni successivi.
È per questo motivo che ho avviato una sperimentazione limitata ad alcuni estratti della
Lira senese usando il software EVT. Innanzitutto è stata
trascritta integralmente la denuncia di un importante setaiolo senese, Giovanni di
Savino, dello zio Matteo comproprietario di alcuni beni e del compagno di bottega Iacomo
di Andreuccio. Contemporaneamente, grazie agli strumenti di codifica presente negli
schemi TEI, sono state create in prima istanza delle liste relative a persone e luoghi
(<listPerson> e <listPlace>). Ovviamente tramite le generiche <list> è
possibile ampliare la codifica ma proprio per mostrare il potenziale dello strumento
anche in presenza di sole due liste ho preferito limitare la codifica a questi due
elementi. Ciò ha fatto sì che adesso è possibile navigare da un soggetto ad un altro
semplicemente cliccando sui soggetti nominati nella denuncia, saltando da un Terzo ad un
altro, da una Compagnia ad un’altra, ottenendo in pochi secondi quello che si sarebbe
ricavato in settimane di lavoro archivistico. Inoltre, ogni toponimo o individuo se
selezionato presenta una breve descrizione topografica o biografica (per es.
<note type="biographical">
) inserita nell’apposita lista
all’interno dell’elemento <person> o <place> corrispondente, ciascuno dei
quali è identificato grazie a un xml:id
univoco. Infine, salvo rare
eccezioni, essendo le denunce già strutturate sia nell’aspetto che nella disposizione
dei dati ho deciso di rispettare la fonte facendo coincidere gli «Item» in apertura di
ogni dichiarazione con l’elemento <lb/> (Fig. 4).
Il documento pubblicato presenta quindi buone caratteristiche di accessibilità e leggibilità ( ):
il confronto con le immagini e il fatto che si possa sfogliare contemporaneamente testo e scansioni manoscritto (sincronizzate) è un buon vantaggio;
la gestione delle named entities permette inoltre di gestire liste prosopografiche e di rintracciare rapidamente persone, luoghi o altro d’interesse (v. anche il Codice Pelavicino Digitale);
grazie all’uso della codifica XML-TEI, lo standard de facto per quanto riguarda l’annotazione semantica di documenti testuali, i dati sono facilmente condivisibili con altri progetti;
anche in assenza di una trascrizione integrale dei documenti, se messo in relazione con altri registri, tale sistema si rivela valido anche come semplice strumento di ricerca di cui potrebbero dotarsi gli Archivi per abbattere i tempi di ricerca e il numero di richieste.
Certo è che tutto ciò non può fare a meno della codifica XML-TEI. Quest’ultimo linguaggio, a prima vista, mal si presta al caricamento d’informazioni in corso d’opera direttamente su campo, considerando le spesso minori competenze informatiche di chi passa il proprio tempo sulla documentazione archivistica. Eppure, superati i primi ostacoli che sempre si presentano allorquando si lasciano percorsi già battuti, codificare le informazioni dei documenti archivistici direttamente in fase di caricamento non è un lavoro assai gravoso. Recentemente, infatti, ho potuto costatare come la regestazione di documenti direttamente in formato XML con annessa codifica non è di gran lunga lontano dal lavorare su un qualsiasi altro programma di videoscrittura. Il risultato è soddisfacente soprattutto per chi ha bisogno di indicizzare i documenti con la possibilità di non perdere il rapporto con il documento originale. A quel punto basta per esempio un software semplice ma efficace come EVT per poter visualizzare immediatamente il risultato finale. Infatti, differentemente dall’esperimento appena illustrato sulla Lira, in occasione di un assegno di ricerca, ho deciso di applicare tale metodo ai regesti del Caleffo di San Galgano ma con EVT 2 ( ). Questo sistema fa sì che alla prima fase di regestazione di più di 2.000 atti notarili e l’indicizzazione per mezzo delle liste di date, notai roganti, toponimi e tipologie degli atti possa seguire, anche a distanza di molto tempo, un’espansione della codifica estendendola a ogni soggetto citato negli atti o una trascrizione integrale senza dover concepire un nuovo progetto di digitalizzazione.
Tuttavia le capacità di EVT di interrogare il testo sono di gran lunga inferiori rispetto a quelle di un database: da qui la mia richiesta al collega Roberto Rosselli Del Turco se fosse prevista qualche funzionalità di questo tipo, in particolare riguardo alla capacità di rispondere a domande complesse come quelle sopra accennate in una futura versione di EVT. In altre parole, il grande passo sarebbe unire le potenzialità di un visualizzatore con quelle di un software di elaborazione di dati semi-strutturati quali sono i documenti XML-TEI. Ciò diverrebbe un prezioso strumento per la ricerca e non solo un prodotto finale da caricare su una determinata piattaforma per la consultazione. Tuttavia le difficoltà da affrontare prima di arrivare a un risultato di questo tipo sono numerose.
Un primo passo, oltre a cercare di individuare un metodo per far ‘dialogare’ fra loro database diversi, potrebbe essere l’adozione di un formato di export condiviso basato sul linguaggio XML-TEI. Considerata la ricchezza di informazioni già disponibili in tali database, e il fatto che la codifica è un’operazione che necessita di un minimo di preparazione sul piano informatico, la definizione di un insieme di elementi comuni facilmente confrontabili e contemporaneamente esportabili nel formato TEI aumenterebbe di molto la possibilità di disporre e di poter condividere questo tipo di documenti.
In un secondo momento, l’elaborazione dei dati in formato tabellare potrebbe essere applicata direttamente sulla base del formato XML-TEI, ma per far ciò sono senz’altro necessario delle azioni preliminari:
in primo luogo sarebbe necessario strutturare fin da subito i dati in quell’ottica, così da non complicare con aggiustamenti ad hoc un processo che dovrebbe essere quanto più standardizzato possibile;
lo step successivo, e fondamentale, sarebbe l’implementazione di un software che riesca a portare a termine le operazioni di ricerca e interrogazione desiderate sui documenti TEI.
Da questo punto di vista il workshop che si è tenuto il 22-23 giugno 2020 ha costituito un primo contatto propedeutico allo sviluppo e alla sperimentazione di questo tipo di strumenti software.
Il caso della Lira senese evidenzia alcuni fra i variegati problemi affrontati generalmente dagli storici allorquando questi cerchino di portare avanti progetti di edizione digitale che tengano sullo stesso piano analisi e visualizzazione. I nuovi progetti concepiti dai centri di ricerca ed università, per quanto innovativi, spesso si ritrovano ad affrontare i medesimi ostacoli già affrontati in altre sedi e spetta agli informatici tentare di ideare qualcosa che possa andare incontro a tali esigenze. Tutto ciò trova la sua origine, forse, a una certa lentezza nella diffusione di metodi e strumenti delle Digital Humanities nell’area degli studi storici. All’interno delle università e dei percorsi formativi accademici ancora non esiste una vera sensibilità a un aumento delle competenze informatiche degli studenti. All’infuori di realtà feconde, l’assenza di competenze anche solo basilari dei principali mezzi informatici, per non parlare di software più elaborati, costituisce un ostacolo formidabile a un reale progresso in questo campo. Certo è che fino a quando non esisterà la possibilità di elaborare ed interrogare in maniera agevole e libera i dati raccolti in archivio in modalità automatizzate, con l’ausilio di software estremamente sofisticati, le potenzialità della ricerca storica resteranno tali, senza che si possa mettere a profitto la potenza e la flessibilità di strumenti che viceversa sono risultati utilissimi in altri campi degli studi umanistici.
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Il Scholarly Technology Group della Brown University ha allestito la banca dati, in inglese e con parziale traduzione in italiano, consultabile on line: http://cds.library.brown.edu/projects/catasto/overview.html; una nuova edizione del lavoro condotto da David Herlihy e Christiane Klapisch-Zuber negli annni Sessanta e Settanta è stata pubblicata sul sito web L'Atelier du Centre de recherches historiques–Revue électronique du CRH (https://journals.openedition.org/acrh/353).
L’attenzione degli studi filologici su questo tipo di fonte portò, per esempio, all’edizione delle ‘Lire’ della fine del Duecento: cfr. .
Archivio di Stato di Siena, Consiglio Generale, 215, ff. 26v-27v, 1430 febbraio 24.
A parte la banca dati del Progetto Tabula, al momento interrogabile in locale presso l’Archivio di Stato di Siena e presso il Dipartimento di scienze storiche e dei beni culturali dell’Università di Siena, ma in fase di pubblicazione su una piattaforma web che consentirà l’accesso ai dati e alle riproduzioni, tutte le altre non sono state pubblicate né accessibili in altre modalità. Di difficile reperimento anche quella di Elena Brizio contenuta nella sua tesi di laurea ( ).
https://www.dssbc.unisi.it/it/ricerca/progetti-di-ricerca/progetto-tabula
È un progetto nel quadro di un assegno di ricerca portato avanti da Alberto Longo,
nel quadro del progetto Siena per Dante. Documenti di lingua, cultura e
letteratura fra medioevo ed età moderna. SIENA 2021
finanziato dalla regione
Toscana.
Le denunce più ‘antiche’ del 1453 sono state inquadrate all’interno degli studi di Giuliano Catoni e Gabriella Piccinni ( ; ). Quelle degli anni Ottanta del Quattrocento sono state oggetto di una serie di tesi di laurea, tra il 1990 e il 1997, coordinate sempre da Catoni ( ; ; ; ; ).
Archivio di Stato di Siena 1955, 266-271.
Archivio di Stato di Siena, Lira, 56-58, 136-149.
Al momento tale lavoro si basa su EVT 1.
L’assegno di ricerca, bandito dal Dipartimento di Scienze Storiche e dei beni
culturali di Siena, rientra nel progetto di ricerca Accordo di Cooperazione con
l’Amministrazione Comunale di Chiusdino (SI) per l’esecuzione del programma di
valorizzazione dell’abbazia di San Galgano e sue pertinenze e del sito
archeologico di Miranduolo
. I Caleffi di San Galgano sono tre grossi volumi di
pergamena in foglio che si conservano nell'Archivio di Stato di Siena, e nei quali
sono registrati in copia autenticata da 17 notai senesi complessivamente 2.324
documenti appartenenti all'Abbazia di San Galgano: 770 il primo (Conventi 161), 765
il secondo (Conventi 162) e 789 il terzo (Conventi 163) ( : 66).