Le tecnologie digitali per la cultura rappresentano una svolta strategica per la valorizzazione e la fruizione dei musei. I dati sono ormai chiari e vengono rivelati sia da una vasta casistica che da una letteratura scientifica ancora più ampia. I musei di piccole e medie dimensioni sono sempre più interessati all'utilizzo delle nuove tecnologie per migliorare il raggio di fruizione e la valorizzazione delle proprie collezioni. Attraverso l'uso di narrazioni esperienziali ed emotive, la tecnologia ha uno scopo didattico all'interno della struttura museale che le consente di raggiungere un pubblico diverso sia per età che per linguaggio prescritto. In questo contesto si vuole offrire un approfondimento di un caso studio in particolare, ovvero la mostra multimediale Germanico Cesare... a un passo dall'Impero al Museo Archeologico e Galleria "E Rosa" di Amelia, a cura di Progetto Katatexilux e curata dal professor Marcello Barbanera e prodotta da Sistema Museo.
Digital technologies for culture represent a strategic turning point for the enhancement and use of museums. The data is now clear and is revealed both by a vast series of cases and by an even wider body of scientific literature. Small and medium-sized museums are increasingly interested in the use of new technologies to improve the range of use and enhancement of their collections. Through the use of experiential and emotional narratives, technology has a didactic purpose within the museum framework that allows it to reach different audiences both in terms of age and of prescribed language. Within this context, we provide an in- depth analysis of a case study, namely the multimedia exhibition Germanico Cesare ... a un passo dall'Impero at the Museo Archeologico e Galleria "E Rosa" di Amelia, created by Progetto Katatexilux, curated by Professor Marcello Barbanera and produced by Sistema Museo.
Le tecnologie digitali per la cultura rappresentano un punto di svolta strategico per la
valorizzazione e la fruizione dei musei. Il dato è ormai chiaro e si palesa sia da una
vasta casistica sia da una ancor più ampia letteratura scientifica ( ; ; ). A livello metodologico, l’utilizzo delle ICT (Information and Communication
Technology) consente, infatti, di aumentare uno spazio monumentale o museografico e di
arricchire il ciclo di esperienza dei visitatori offrendo loro nuove capacità di azione
e di partecipazione ( ; ). In
Italia la forchetta cronologica di analisi per lo studio dell’utilizzo delle ICT nei
musei è piuttosto ristretta, e si raccorda nello spazio degli ultimi vent’anni
(Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e nelle Attività Culturali, Una roadmap
per il piano di innovazione digitale delle istituzioni culturali, Politecnico di
Milano, 3 agosto 2018). Sfruttando le potenzialità offerte dal digitale si è cercato
attraverso una visione strategica di mettere a sistema la scalabilità dell’elemento
tecnologico. Realtà museali di piccole e medie dimensioni sono sempre più interessate
dall’utilizzo di nuove tecnologie per migliorare l’offerta fruitiva e la valorizzazione
delle loro collezioni. Il decreto ministeriale definisce piccolo museo
una
struttura permanente, senza scopo di lucro, aperta al pubblico, che acquisisce,
conserva, cataloga, tutela, promuove, comunica, espone e rende fruibile il patrimonio
materiale e immateriale, facendo ricerca e divulgazione culturale e offrendo esperienze
di educazione e intrattenimento (D.M. 451 08/10/2020 Riparto del Fondo per il
Funzionamento dei Piccoli Musei di cui all’articolo 1, comma 359, della legge 27
dicembre 2019, n.160). Nella definizione, si specifica che il piccolo museo per essere
definito tale ha entrate non superiori a 20 mila euro, il che ci informa sul tipo
d’investimento che istituzioni di questo tipo possono mettere in campo, per implementare
l’utilizzo di ICT e offrire agli utenti nuovi prodotti culturali. Il progetto Mu.SA
(Museum Sector Alliance, finanziamento Erasmus+ / Settore Skills Alliances,
Comunità Europea) un consorzio di ricerca europeo diretto dalla Hellenic Open
University, con la partecipazione attiva di 12 istituzioni, afferma nel report 2019/2020
Museum of the Future come all’interno dei piccoli musei le tecnologie
digitali, offrano nuove soluzioni a costi accessibili, soprattutto a vantaggio dei
finanziatori delle amministrazioni locali. Domenico Sturabotti e Romina Surace
sostengono che grazie agli effetti delle tecnologie e delle reti, i piccoli musei
possono beneficiare del cosiddetto effetto coda lunga
, teorizzato da Chris
Anderson per spiegare il modello commerciale ed economico implementato da Amazon e
Netflix ( ). Per questi giganti, il volume delle vendite
totali di prodotti meno popolari supera quello di prodotti molto popolari. Anderson
conclude, quindi, che un’offerta illimitata crea una domanda illimitata, principalmente
a vantaggio di prodotti di nicchia. Anche da un punto di vista strategico ha più senso
che un museo medio piccolo con una collezione di minore attrattività utilizzi la
tecnologia come supporto alla visita, o per esaltare qualità degli oggetti difficilmente
narrabili al grande pubblico. Questo perché le tecnologie di visualizzazione digitale,
comprese le stampanti laser, la modellazione 3D e la realtà virtuale/aumentata,
rivoluzionano il nostro impegno critico con le arti visive. Attraverso una narrazione
esperienziale ed emotiva la tecnologia ha all’interno del museo uno scopo didattico che
permette di raggiungere pubblici diversi sia per età anagrafica che per linguaggio.
In Italia, forse anche spinte dal forte legame con il proprio territorio, e dunque il
proprio bacino di utenza, le realtà museali minori raccordate nelle province, sono state
le più ricettive in questo senso. App, tour virtuali, piccole installazioni in realtà
virtuale e realtà aumentata, video mapping hanno consentito infatti di sviluppare un
circuito espositivo efficace, capace in alcuni casi anche di creare una rete tra le
comunità museali presenti in un’area. Basti pensare all’esperienza del Distretto
Tecnologico della Regione Lazio che con il bando Ricerca e Sviluppo di Tecnologie per
la Valorizzazione del Patrimonio Culturale
e una dotazione finanziaria di 23,2
milioni di euro, ha finanziato 49 progetti per un totale di 247 luoghi della cultura.
Questo ha dimostrato che il sistema di rete di luoghi della cultura di piccole medie
dimensioni è vincente, specialmente se coordinato attraverso l’utilizzo di una
programmazione volta alla sinergia tra offerta fruitiva ed elemento tecnologico.
Naturalmente, oltre ai circuiti museali esistono anche casi singoli di best
practice che dimostrano come l’utilizzo delle ICT sia particolarmente efficace
all’interno di realtà museali di piccole medie dimensioni. Basta citarne alcuni come ad
esempio la realizzazione del Museum Francigena Entry Point di Lucca, l’app mobile e tour
in VR per il Museo del Teatro della Scala, l’allestimento del Museo del
Falso nel Castello di Verrone, Magma di Follonica, e i musei Mauto di Torino, Ducati di
Bologna e Lamborghini di Sant’Agata Bolognese.
All’interno di questo panorama vogliamo raccontare l’esperienza della mostra
multimediale Germanico Cesare... a un passo dall’Impero inaugurata il 10
ottobre 2019 per il bimillenario della morte del generale Germanico Cesare presso il
Museo Civico Archeologico e Pinacoteca E Rosa
di Amelia, parte del circuito Terre
Musei della regione Umbria. La mostra multimediale realizzata da Progetto Katatexilux e
curata dal professor Marcello Barbanera dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza
è stata prodotta da Sistema Museo. Il circuito Terre Musei facente parte di Sistema
Museo, raccoglie 10 città della regione (Amelia, Bettona, Bevagna, Cannara, Cascia,
Deruta, Marsciano, Montefalco, Spello, Umbertide) e offre un biglietto unico che
permette di visitare 14 siti. La mostra Germanico Cesare... a un passo
dall’Impero prevista solo fino al 10 gennaio 2020 ha registrato solo il giorno
dell’inaugurazione 3507 visitatori, e si è trasformata in un’installazione permanente.
E Rosadi Amelia e la statua del Germanico
Il Museo Civico Archeologico e Pinacoteca E Rosa
di Amelia, che si trova in
Piazza Augusto Vera, venne istituito nel 2001 nella sede dell’ex collegio Boccarini,
originariamente un convento francescano. Attraverso percorsi espositivi distinti per
fasce cronologiche, il museo ripercorre la storia della città di Amelia. Tra le opere
più significativi esposte nel museo spicca senz’altro la statua bronzea del generale
Nerone Claudio Druso Germanico Cesare. La statua amerina venne ritrovata in stato
completamente frammentario nel 1963 fuori dalle cinte murarie di Amelia nella zona del
campus della città romana, l’area destinata agli esercizi fisici e militari
della gioventù locale. La statua alta più di due metri e riccamente adornata, datata al
I secolo d.C. è considerata un capolavoro dell'arte bronzea romana, è un pezzo unico
estremamente pregiato per l’epoca data la rarità di ritrovamenti di questo tipo ( ; ). Dopo una puntuale opera di
restauro è ora esposta al primo piano del museo. Il reperto è stato oggetto di un
intervento di valorizzazione nel 2013, volto a celebrare l’anniversario del
ritrovamento, eseguito dall’azienda MIZAR e curata da Paco Lanciano. Il Germanico
racconta
è un progetto realizzato in occasione dei 50 anni dalla scoperta della
statua dall’assessorato alla cultura del Comune di Amelia. L’installazione mira a far
‘parlare’ la statua attraverso un racconto per suoni, immagini e video. Secondo l’allora
assessora alla cultura Laura Dimiziani lo scopo dell’intervento è stato quello di
trasformare un reperto archeologico in un affascinante racconto, tanto
spettacolare quanto rigoroso dal punto di vista scientifico (...) utilizzando
tecnologie e metodi narrativi per ‘far parlare i reperti’, ovvero per rendere
esplicite ai visitatori le informazioni nascoste altrimenti non facilmente
decifrabili (...) in modo suggestivo e, allo stesso tempo, efficace dal punto di
vista dell’apprendimento
(Il Giornale dell’Umbria
, 11.12.2013).
Per il bimillenario dalla morte di Germanico, si è deciso di effettuare un’operazione
diametralmente opposta a livello metodologico. Invece che avere il reperto statuario
come punto focale e di partenza, si è scelto di creare un’installazione multimediale che
attraverso una narrazione emotiva potesse avere le stesse finalità didattiche
dell’oggetto parlante. Nel percorso della mostra multimediale Germanico Cesare... a
un passo dall’Impero, il visitatore è accolto da video proiezioni su tre pareti
in una stanza, che funge da ‘apripista esperienziale’ al percorso di visita. Marcello
Barbanera, il curatore, afferma: è una mostra installazione, perché attraverso
sistemi di realtà aumentata il visitatore è trasportato nel mondo di Germanico
tramite una narrazione visiva a carattere immersivo (...) partendo dalla morte di
Germanico; la mia idea è stata di rendere il visitatore parte di quello
spettacolo
(Agenzia Internazionale Stampa Estero, 22.10.2019). Il filmato della
durata complessiva di poco più di 10 minuti alterna così fasi della morte e della vita
del condottiero, passando dunque dalla disfatta alla rinascita attraverso la memoria
dell’arte.
La video proiezione si apre dunque con una scritta: 19 ottobre dopo Cristo Antiochia
in Siria muore Germanico
. Il filmato successivamente inquadra il celebre quadro
di Nicolas Poussin intitolato Morte di Germanico (1627), l’installazione chiede
allo spettatore di partecipare emotivamente al dolore della morte del generale,
portandoci con efficacia al capezzale dell’eroe. Il ‘controcanto’ della scena è
rappresentato dal quadro del pittore americano Benjamin West (1768) che mostra invece
Agrippina sbarcare a Brindisi con le ceneri del marito. Siamo portati a un tempo
cronologico anteriore alla morte, ovvero ai primi anni del I secolo d.C.. Attraverso una
ripresa satellitare della terra sopra l’Europa si vuole dare una caratterizzazione
geografica agli eventi militari che contrassegnarono la carriera del Germanico. Il
successivo salto temporale ci porta al 15 d.C.: una scritta annuncia la massiccia
controffensiva guidata da Germanico contro le tribù germaniche. Un’ulteriore scritta
appare sopra la rappresentazione stilizzata della statua conservata presso il museo di
Amelia, e dichiara la vittoria di Germanico e il recupero di tre insegne legionarie
consacrate alla gloria dell’Impero. Diveniamo così spettatori festanti trasportati al 25
maggio del 17 d.C.. La scena altro non è che il quadro di Karl Theodor von Piloty
intitolato Thusnelda durante il trionfo di Germanico (1873). La grandezza di
Germanico fu raccontata dai suoi contemporanei, e gli scritti tratti dagli
Annales di Tacito sfondano e ricoprono tutte le pareti della video
installazione. Le gesta di Germanico, continua il racconto, vennero anche celebrate
nell’arte. Compare così il dipinto di Peter Paul Rubens raffigurante Germanico e
Agrippina del 1614 e si passa alla sua celebrazione nella musica classica.
Inaspettatamente la musica si interrompe -siamo al 1963 ad Amelia, vengono inquadrate
diverse testate di giornale che annunciano il ritrovamento della statua del Germanico.
L’opera, leggiamo, è da allora stata oggetto di una campagna di restauro. Ecco che
improvvisamente i frammenti della statua bronzea si ricompongono in un restauro
virtuale, e compare una ricostruzione 3D del Germanico conservato al museo. Il filmato
termina con una straordinaria ricostruzione della città nella sua veste tardo antica.
Dopo una descrizione dell’installazione vogliamo anche riportare i dati della società cooperativa Sistema Museo della Regione Umbria dal 10 ottobre 2019 al 31 gennaio 2020 per la mostra.
Visitatori totali | 3.507 |
---|---|
Paganti |
1.396 |
Gratuiti* |
2.084 |
Provenienti da altri musei della rete Terre&Musei *di cui Gratuiti |
27 |
Inaugurazione |
190 |
Residenti Comune di Amelia |
709 |
Scuole Comune di Amelia |
571 |
Scuole fuori Comune di Amelia |
304 |
Conferenze/matrimoni/per categoria/ospiti |
310 |
Giorni di apertura |
98 |
Media visitatori giornaliera |
35,7 |
Confrontando i dati con quelli relativi al medesimo periodo del 2018/2019 si rileva un incremento significativo del numero dei visitatori paganti, passati da 518 a 1.396, con un incremento percentuale del 169,50%.
La rassegna stampa condotta su 131 testate ha portato a stilare conclusioni analoghe con
la tabella di sopra riportata, riscontrando anche il successo del circuito virtuoso
attivato dall’inaugurazione della mostra, e le attività collaterali ad essa legata. Il
sito web creato per il bimillenario ha pagine dedicate a tutte le iniziative
sponsorizzate come il convegno di studi, il concorso e i laboratori didattici attivati
parallelamente alla mostra. Tuttavia, è la mostra immersiva il maggior attrattore
giornalistico, e l’analisi effettuata ha riscontrato una copertura sia su organi
d’informazione locali come il Corriere dell’Umbria, Arezzo, Rieti, Viterbo
, Siena
a quotidiani a tiratura nazionale come Il Sole 24Ore
, Il Messaggero
, La
Nazione
e Avvenire
. Da riviste specialistiche come Archeo
e
Touring Club Italiano
si coglie invece lo spaccato del pubblico che copre
l’interesse non solo degli addetti ai lavori ma anche degli utenti non specializzati,
con fasce di età diversificate.
Le Digital Humanities hanno lanciato diverse sfide alla storia dell’arte e alle pratiche curatoriali. Nel 2013 Johanna Drucker ha tracciato quella che è diventata una distinzione classica tra storia dell'arte digitalizzata (basata sull'uso di risorse online) e storia dell'arte digitale, ovvero l'uso di tecniche analitiche abilitate dalla tecnologia computazionale. Quest'ultima, sostiene, è il dominio appropriato della storia dell'arte digitale sulla base del fatto che può rivelare caratteristiche di manufatti storici dell'arte in modi nuovi ampliando il metodo tradizionale di osservazione e di analisi e così producendo diversi punti di indagine. Attraverso la ricerca di un’esperienza sinestetica, anche i percorsi espositivi hanno integrato in modo più o meno efficace la tecnologia della presenza, stravolgendo il rapporto binario oggetto spettatore, e introducendo così l’elemento tecnologico. Il caso studio Germanico Cesare... a un passo dall’Impero ci racconta proprio questa transizione. Se inizialmente si è pensato di dover partire dall’oggetto e potenziarlo attraverso l’utilizzo delle ICT, oggi possiamo creare esperienze altamente coinvolgenti che abbiano una finalità didattica e siano soprattutto scientificamente corrette. Attraverso l’utilizzo di efficaci scelte curatoriali, si può utilizzare l’elemento tecnologico come supporto alla visita senza perdere di vista la mission del museo, che ricordiamo essere un organo che conserva, comunica e specificatamente espone testimonianze materiali e immateriale per scopi di studio, educazione ma non scordiamo anche per diletto. L’abusato neologismo edutainment coniato da Bob Heyman sembra essere particolarmente pertinente per il caso studio qui presentato, che pensiamo possa essere un buon benchmark per altre iniziative di analoga caratura. L’esperienza virtuosa condotta del museo archeologico e pinacoteca di Amelia ha in qualche modo fatto da apripista per altre realtà museali del territorio come ad esempio il Museo di Narni, che ha recentemente commissionato un’installazione multimediale per la cupoletta della stanza delle reliquie di San Giovenale, e vedrà un intervento più piccolo ma analogo da un punto di vista metodologico. I piccoli musei possono indubbiamente beneficiare del circuito virtuoso creato dalla coabitazione di tecnologia, cultura e territorio ampliando il proprio pubblico senza snaturarsi.
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Reflections from 10 International Museums,
2020 2019. http://www.project-musa.eu/wp-content/uploads/2017/03/MuSA-Museum-of-the-future.pdf.
Link al trailer della mostra: YouTube e WayBack Machine