Il IV Convegno annuale dell’Associazione Italiana di Informatica Umanistica e Cultura Digitale, avente per tema Digital Humanities e Beni Culturali: quale relazione?, si è svolto a Torino nel dicembre del 2015. Nell’intenzione degli organizzatori, si doveva porre come punto d’incontro fra il mondo delle Digital Humanities e quello dei beni culturali (Cultural Heritage), constatando come da tempo quest’ultimo faccia uso di strumenti e metodologie di area DH, ma senza che si sia instaurato un rapporto organico fra i due settori, in maniera tale da favorire uno scambio proficuo per entrambe le parti. Questa relativa incomunicabilità può essere in parte spiegata con la giovinezza delle discipline DH in Italia e con la lentezza che ne ha caratterizzato, fino a tempi recenti, l’accettazione e la rilevanza presso il mondo accademico. Stride vistosamente, tuttavia, con il fatto che non solo gli studiosi e ricercatori di area DH accedono quotidianamente a biblioteche, archivi e musei per quanto riguarda l’oggetto dei propri studi, ma che gli strumenti e metodi utilizzati per tali ricerche sono in larga parte sovrapponibili, se non identici.

Questa impostazione del Convegno si è rivelata felice, e gli articoli che presentiamo in questo primo numero della rivista Umanistica Digitale sono testimoni di un più ampio dibattito tra gli intervenuti, in particolare per quanto riguarda aspetti teorici della gestione di dati relativi ai beni culturali e all’integrazione delle metodologie DH nelle ricerche di area Cultural Heritage, senza perdere di vista un argomento centrale come l’uso dei risultati di tali ricerche nell’ambito della formazione scolastica. I contributi raccolti in questo numero, infatti, spaziano dal classico tema delle biblioteche digitali (E. Ferrarini, ALIM ieri e oggi), al rapporto fra gestione degli archivi e formazione nella scuola secondaria superiore (L. Mancini e I. Pedretti, Un caso di integrazione tra Public History, Cultural Heritage e Digital Humanities: l’Archivio storico della Pontificia Università Gregoriana e il progetto Clavius@school), alla valorizzazione del patrimonio culturale, nel caso specifico documenti dell’Archivio fotografico della Fondazione Zeri, attraverso le tecnologie del Web Semantico (M. Daquino e F. Tomasi, Linked Cultural Objects: dagli standard di catalogazione ai modelli per il web of data. Spunti di riflessione dalla Fototeca Zeri), alle metodologie per l’introduzione dei risultati di ricerche DH/CH nei processi formativi (C. Basili, G. Biorci e A. Emina, Digital Humanities and Society: an impact requiring ‘intermediation’), ai metodi di ricerca nell’ambito degli archivi (L. Bollini et alii, Le trame invisibili. Nuove modalità di esplorazione online dell’Archivio storico della psicologia italiana), alla gestione di documenti orali, patrimonio culturale intangibile (S. Calamai e F. Biliotti, The Gra.fo project: from collection to dissemination), per finire con il rapporto fra Public History e l’edizione scientifica di manoscritti medievali (E. Salvatori et alii, Il Codice Pelavicino tra edizione digitale e Public History).

Ringrazio dunque gli organizzatori del Convegno, e tutti i partecipanti, nonché gli autori degli articoli summenzionati, per aver contribuito al successo di questa iniziativa e averci permesso di inaugurare con il loro contributo questo primo numero della nostra rivista.

Roberto Rosselli Del Turco