Il V Convegno annuale dell’Associazione Italiana di Informatica Umanistica e Cultura Digitale si è svolto a Venezia nel settembre del 2016 sul tema Edizioni digitali: rappresentazione, interoperabilità, analisi del testo e infrastrutture
. In continuità con i convegni precedenti (2012-2015) e seguenti (2017-2018), lo spirito di AIUCD 2016 è stato interdisciplinare e multidisciplinare. Non solo sono stati presentati studi che hanno messo in relazione singole discipline umanistiche con singole discipline di ambito informatico, ma anche contributi che hanno richiesto il coinvolgimento di molteplici discipline umanistiche da un lato (ad esempio: storia della letteratura e storia dell’arte) e informatiche dall’altro (ingegneria informatica e scienza dell’informazione).
All’aumentare della complessità di interazioni fra i membri della comunità delle Digital Humanities e fra le comunità di specialisti (in ambito sia umanistico sia informatico), si fa sempre più necessaria la condivisione di modelli, risorse e strumenti. Proprio per questo si è dato spazio alla presentazione dell’infrastruttura di ricerca europea per le risorse linguistiche, nella sua declinazione nazionale: CLARIN-it, mostrando come cambia l’ecosistema dell’umanista digitale quando la sua prospettiva collaborativa, incentrata sul singolo progetto, si allarga verso una prospettiva cooperativa, sia di riuso di risorse e strumenti precedentemente pensati per comunità differenti, sia di diffusione di nuove basi di dati e nuovi componenti software, che potranno essere impiegati da terze parti in modi non previsti nei progetti iniziali. Il valore delle infrastrutture di ricerca, del resto, è stato ribadito anche a Bari, ad AIUCD 2018, grazie alla presenza dei responsabili di DARIAH-it, complementare a CLARIN-it, in quanto specificamente dedicata alle arti e alle discipline umanistiche.
Una dimostrazione concreta di quanto la condivisione di strumenti adattabili a contesti nuovi sia proficua, è stata offerta da numerosi interventi al convegno incentrati sull’Edition Visualization Technology (EVT, http://evt.labcd.unipi.it), applicata a casi di studio fra loro molto diversi, da parte di studiosi che hanno lavorato in maniera indipendente. Se queste modalità operative sono del tutto scontate presso altre comunità, come ad esempio quella della linguistica computazionale, nell’ambito delle Digital Humanities sono ancora più teorizzate che praticate.
La dichiarazione d’intenti formulata presso CLIC-it 2015 a Trento da otto associazioni fortemente interdisciplinari, fra cui AIUCD e AILC, e avente per titolo: Scienza del linguaggio in Italia: azioni di coordinamento tra associazioni
, ha prodotto qualche frutto anche ad AIUCD 2016, vista la presenza di pregevoli contributi al crocevia fra linguistica computazionale e Digital Humanities. Nell’organizzare il convegno, ritenevamo importante mostrare, attraverso le diverse sessioni, la complementarità e la circolarità fra ecdotica digitale ed ermeneutica digitale. Questo tema, centrale per gli studi del testo nell’era digitale, è stato ulteriormente valorizzato e sviluppato in AIUCD 2017, che ha messo in costante relazione il close reading del filologo con il distant reading degli studi letterari su grandi corpora testuali.
AIUCD 2016 ha avuto come obiettivo anche l’inclusività prevista dallo statuto dell’Associazione: non solo ricercatori e insegnanti, ma anche gli studenti stessi che hanno partecipato a progetti di Alternanza Scuola Lavoro o a tirocini curricolari hanno avuto l’opportunità di presentare i loro lavori in una sessione dedicata.
Molto si è fatto in questi anni, da parte di tutti i membri dell’Associazione, convegno dopo convegno, per ottenere valide convergenze di metodo, tuttavia, a nostro avviso, molto ancora deve essere fatto sul versante della scrittura scientifica. Questo è dovuto, forse, oltre alla generale ricerca di identità percepibile in tutta la comunità delle Digital Humanities sia a livello nazionale che internazionale, anche alla mancanza di strumenti e linee guida condivise. Manca un bollettino bibliografico di riferimento, manca un lessico comune, manca un manuale di stile (non solo per la forma retorica, ma soprattutto per l’organizzazione dei contenuti) paragonabile al Publication Manual dell’American Psychological Association. Su questo, a nostro avviso, si dovrà investire nei prossimi anni.
Durante il convegno sono stati prodotti i seguenti documenti: a) il Book of Abstracts AIUCD 2016; b) la bibliografia completa del BoA in formato BibTeX per garantire l’interoperabilità (ad esempio con Zotero); c) i video e le slides di ciascuna presentazione. Tutti i materiali sono accessibili all’indirizzo: http://www.aiucd2016.unive.it, mentre due cronache sintetiche del convegno, esposte da punti di vista diversi, sono state pubblicate su Ecdotica 13, 2016 (http://www.ecdotica.org/ecdotica-13-2016), a cura di Federico Boschetti e Marina Buzzoni, e su Lexicon Philosophicum 5, 2017 (http://lexicon.cnr.it/index.php/LP/article/view/522), a cura di Linda Spinazzé.
Il presente volume offre una raccolta di contributi elaborati dopo il convegno e selezionati tramite peer review. In apertura si trovano gli interventi di due invited speakers: Susanna de Beer e Rodolfo Delmonte.
S. de Beer, Mapping Visions of Rome and Digital Rome Heritage: Connectivity between Literary and Artistic Heritage in a Digital Age, illustra la prospettiva di una studiosa con una formazione tradizionale ma fortemente orientata alla interdisciplinarità e alla multidisciplinarità, discutendo gli obiettivi scientifici e divulgativi di progetti che mettono insieme in modo efficace studi letterari e studi di storia dell’arte in una cornice digitale.
R. Delmonte, Syntax and Semantics of Italian Poetry in the First Half of the 20th Century, presenta un lavoro di linguistica computazionale volto allo studio dell’iperbato in testi poetici della prima metà del Novecento: compito particolarmente ambizioso e difficile, visto che la maggior parte degli strumenti computazionali comunemente a disposizione sono addestrati sull’italiano standard.
P. Monella, Livelli di Rappresentazione del Testo nell’Edizione del De Nomine di Orso Beneventano, prendendo le mosse dal concetto di ‘grafema’, introduce il nuovo concetto di ‘alfabema’ per redigere l’edizione del De Nomine a diversi livelli di interpretatività (livello grafematico, alfabetico, linguistico). Il fine auspicato è un superamento della dicotomia tra edizione diplomatica ed edizione critica grazie a un ripensamento profondo, semioticamente fondato, dei livelli di trascrizione e di edizione di un testo.
A. Scacchi, Un Secolo di Scritture fuori dal Canone, si occupa della creazione di una base di dati bio-bibliografica, consultabile online, di scrittrici dalla fine dell’Ottocento agli inizi del nuovo millennio. L’intento è quello di far emergere le voci ‘atipiche’ (o comunque non appartenenti al ‘canone’) nel panorama letterario del lungo Novecento italiano.
I contributi di C. Russo, Corrispondenze Diplomatiche Francesi del Seicento: le Possibilità Offerte dall’Edizione Digitale, L. Gili-Thébaudeau, Edizione Diplomatica Digitale di un Corpus Trilingue: il Progetto ANR TRANSSCRIPT e Khalaf-Cioffi, Un Progetto di Edizione Digitale del Codice Napolitano, illustrano casi d’uso relativi a edizioni digitali e si aprono a discussioni teoriche più ampie. In tutti gli interventi viene sottolineata la necessità di un contesto collaborativo (in particolare - sebbene non solo - tra umanisti e scienziati dell’informazione) e vengono affrontate alcune questioni concernenti la visibilità e la preservazione a lungo termine dei prodotti della ricerca. Khalaf-Cioffi si pongono anche il problema delle modalità di fruizione dell’edizione digitale da parte di un pubblico mosso da interessi scientifici e culturali differenti e, talvolta, divergenti.
M. Maiatsky et al., Vicoglossia: Annotable and Commentable Library as a Bridge between Reader and Scholar, affrontano il tema delle edizioni digitali pensate per una forte interazione con il lettore. Partendo da uno specifico caso di studio, costituito dalla “Russian ‘philological culture’ of the 1920s”, il saggio affronta problemi di modellizzazione teorica e realizzazione pratica di una Digital Library collaborativa in grado di supportare fonti sia primarie, sia secondarie. L’apertura a queste ultime è senz’altro un valore aggiunto del progetto.
D. Pulizzotto et al., Conceptual Analysis in a Computer-Assisted Framework: Mind in Peirce, propongono uno studio sulle proprietà di alcuni concetti espressi nell’opera di Peirce, esplorando i vantaggi e le possibili applicazioni dell’approccio computazionale all’Analisi Concettuale basata sul corpus di testi dell’autore.
S. Agodi et al., Una Collaborazione tra Museo, Enti di Ricerca e Scuola: l’Epigrafia Digitale e l’Alternanza Scuola Lavoro, descrivono una interessante esperienza di ASL che ha coinvolto studenti, insegnanti e ricercatori per l’annotazione dell’ingente patrimonio epigrafico del Museo Civico Castello Ursino del Comune di Catania, la maggior parte del quale è attualmente non esposta al pubblico, mentre la rimanente parte è esposta secondo i vecchi criteri di fruizione museale.
Al di là dei contributi tematicamente collegati ad AIUCD 2016, chiudono il volume l’intervento di F. Tomasi, Digital Humanities and Digital Knowledge, che presenta la struttura e l’organizzazione dell’omonimo corso di laurea magistrale presso l’Università di Bologna, e la recensione Kirschenbaum, Matthew G. Track Changes: A Literary History of Word Processing. The Belknap Press of Harvard University Press, 2016. di Elena Spadini.