DOI: http://doi.org/10.6092/issn.2532-8816/8631

Abstract

The reading of poetry is one of the most overlooked aspects of Italian studies in Criticism and Linguistics. This experimental research arises from Beccaria’s studies and explores the musical apparatus of a poetic composition through methods of instrumental Phonetics. The study focuses on the prosody of Congedo del viaggiatore cerimonioso read by Giorgio Caproni. The approaches are qualitative and quantitative: from the analysis of the author’s reading, the observation has been extended to other eleven voices, different at a professional and diachronic level (contemporary poets, radio speakers and actors). Listening represents the start of the research, combined with the observation of oscillograms and spectrograms and their annotation using Praat. However, the sound data is always related to the textual data, by identifying the main trends in melody and prosodic segmentation. The study, in addition to highlighting considerable speech variation, reveals aspects of Italian poetry that have always been neglected and are now available, thanks to a quantitative method. The work wants to be also a starting point for VIP - Voices of Italian Poets, a project dedicated to original and contemporary readings of of Twentieth Century Italian poems, accompanied by linguistic annotations at different levels.

La lettura della poesia è uno degli aspetti più trascurati dagli studi italiani di critica e linguistica. Questa ricerca sperimentale, sulla scia degli studi di Beccaria , esplora l’apparato musicale di un componimento poetico attraverso le metodologie della Fonetica strumentale. Lo studio si concentra sulla prosodia delle letture del Congedo del viaggiatore cerimonioso di Giorgio Caproni. Gli approcci sono di tipo qualitativo e quantitativo: dall’analisi della lettura dell’autore, l’osservazione si è estesa ad altre undici voci, differenti sul piano professionale e diacronico (poeti contemporanei, speaker radiofoniche e attori). L’ascolto rappresenta l’avvio della ricerca, unito all’osservazione di oscillogrammi e spettrogrammi e alla loro annotazione a mezzo del software Praat: il dato sonoro, tuttavia, viene sempre messo in relazione con il dato testuale. Lo sguardo comparativo evidenzia un’eterogeneità dei dati, collocabile in una norma generale, con un sistema di convergenze consistente: si sono individuate inoltre tendenze prevalenti, ad esempio a livello melodico e di suddivisione prosodica. Lo studio, oltre a evidenziare varietà linguistiche considerevoli, rivela aspetti della poesia italiana da sempre trascurati e ora esperibili, grazie alle tecnologie e ai mezzi di studio sviluppati. Il lavoro fin qui svolto si propone, inoltre, come punto di partenza per VIP – Voices of Italian Poets, progetto dedicato a letture originali e contemporanee di poesie italiane del Novecento, corredate da annotazioni linguistiche a diversi livelli.

Introduzione

La dimensione sonora della poesia costituisce uno degli aspetti più interessanti e sottovalutati dagli studi italiani: in questo lavoro si vuole affrontare la questione da un punto di vista fonetico.

Prima di entrare nel vivo del tema, è necessario presentare un inquadramento di questo lavoro, affrontando due questioni a esso fortemente connesse, quali il legame tra prosodia e musica e un rapido stato dell’arte, a presentazione dei lavori dedicati alla musica della poesia in campo metrico e critico.

Punto di partenza di questa ricerca è difatti una breve indagine sulla connessione, in particolare, tra musica e intonazione, osservata sia in campo evolutivo sia neuro-cognitivo. La materia sonora (e silente) accomuna i messaggi linguistici a quelli musicali e, nel caso dell’ambito linguistico, a occuparsene è la Fonetica.

Inquadramento generale del lavoro

«Il disegno fonetico crea il significato

nel linguaggio; il ritmo nella struttura

linguistica è esso stesso senso»

( : 129)

La prosodia si può considerare come il risultato della modulazione di alcuni parametri acustici che, sovrapposti ai timbri dei foni, generano quelle che si definiscono macrostrutture prosodiche (prominenza, gruppi pausali, gruppi intonativi, velocità, ritmo). Prendendo in considerazione l’aspetto dello sviluppo a livello cognitivo, emerge come l’intonazione, regolata dall’emisfero destro del cervello, venga appresa a partire dai primi mesi di vita, insieme con il ritmo, al punto che insorge nel feto anche la capacità di riconoscere schemi intonativi e ritmici della lingua madre. Con la nascita, il bambino, oltre a cogliere e distinguere intonazioni paralinguistiche, è in grado di riprodurle, a mezzo di pattern ritmici e melodici che precedono la parola (lallazione), a partire dal dialogo ritmico e alternato con la madre, in cui la musicalità è guida del comportamento motorio, che si fa anche condivisione emotiva ( e ). A partire dal primo anno, con l’imitazione, unita poi alla comprensione e alla ripetizione, si producono anche le prime parole, con una pronuncia approssimata rispetto a quella adulta. Secondo alcune teorie, anche per quanto riguarda l’apprendimento musicale sarebbe possibile seguire un procedimento di sviluppo spontaneo simile , che condurrebbe alla naturale e graduale tendenza all’imitazione di patterns tonali e ritmici, al fine di interagire in modo musicale, prima a livello inconscio e poi con consapevolezza. Studi in ambito neurologico hanno difatti dimostrato che solo grazie all’abilità di ascoltare musicalmente è anche possibile imparare a parlare; la lingua è inoltre definibile come «a special type of music», regolata appunto da un’intelligenza musicale, che rende possibile la produzione del discorso . Anche in studi dedicati alla questione evolutiva, musica e lingua si riconducono a un punto comune di origine, definito musilingua da Brown e risalente a uno stadio ancestrale, manifesto in una posizione cerebrale centrale, occupata dal canto verbale, che ha preceduto le due specializzazioni, estese successivamente nei poli opposti del linguaggio, a sinistra, e della musica, a destra. Tuttavia non si può considerare netta la scissione di lingua e musica negli emisferi: in generale viene identificata nell’emisfero destro la capacità di elaborare stimoli e in quello sinistro l’abilità di costruire un significato.

Per dedicarsi allo studio dell’intonazione è opportuno intendere il parlato da un punto di vista musicale, scomponendolo in segmenti mono o polisillabici, che presentano una loro struttura prosodico-intonativa e sono ordinati gerarchicamente. Gli studi svolti finora in questa direzione sono molteplici, ma è opportuno dire che, oltre a una generale scissione tra studi fonetici e fonologici e studi che mediano tra questi due principali approcci, globalmente i lavori in questo campo si rivolgono da sempre a più forme di parlato, prevalentemente spontaneo, trascurando invece, in particolar modo in ambito italiano, l’applicazione della ricerca alla lettura della poesia. Questa, manifestazione concreta di una musica che compone e genera il testo poetico, costituisce una questione tralasciata non solo in studi di tipo linguistico ma anche dai lavori della critica nazionale, come diversi autori hanno evidenziato (vedasi Beccaria e Fortini ), sebbene importanti nomi abbiano dedicato ugualmente spazio alla lettura ad alta voce. Tra i maggiori riferimenti pensiamo a Nencioni, Tavani, Raimondi, Gentili e Beccaria. A livello endofasico, importanti sono stati i contributi dei metricologi (si pensi a Menichetti e Beltrami ). Studi importanti sulla prassi di scansione sistematica e sul metodo stilistico quantitativo della tradizione metrica italiana sono stati svolti da Bertinetto , Dal Bianco , Praloran & Soldani e Scarpa . In ambito fonetico, fuori dall’Italia si sono cimentati nello studio dell’intonazione del verso poetico, all’interno di lavori più ampi, Crystal , Fónagy , , e Pamies Bertrán , mentre nel campo della fonologia metrica ricordiamo Liberman & Prince , Hayes , Halle & Vergnaud , Nespor e altri. In ambito italiano significativa eccezione è quella di è Schirru , che ha affrontato la questione poetica a livello esofasico, mentre su un piano endofasico ancora si può citare il lavoro di Boero .

Connesso a questo tipo di studio è anche un delicato dibattito terminologico, relativo alle descrizioni dell’aspetto sonoro della poesia: se infatti da una parte, più in generale, il problema dell’uso improprio della parola musicalità al posto di musica è già sollevato con Beccaria e Menichetti , centrali nella diatriba sono anche le distinzioni tra la prevalente e diffusa scelta terminologica di esecuzione, in contrasto con quella di interpretazione, che si avvale di sfumature semantiche ulteriori ( e ), per identificare l’effettiva lettura del testo poetico scritto. Centrale e sostanziale opposizione è anche quella relativa alle modalità differenti che caratterizzano la cosiddetta esecuzione: questa viene appunto etichettata come espressiva o inespressiva, come si legge in Beccaria e Cohen , i quali convengono anche nella scelta di individuare un più adeguato stile di lettura, più consono al verso poetico e alla sua struttura. Con il concetto di inespressività si afferma anche quello di monotonia: Cohen spiega infatti che un verso sarebbe, per propria natura, monotono. Da queste definizioni si discosta invece Fortini, che rifiuta la definizione di inespressività, preferendo invece parlare di una diversa forma di espressione della lettura ed evidenziando l’importanza di non dovere scegliere una sola e pertinente norma di lettura. Ulteriore distinzione che nasce in questo contesto è infine quella tra una lettura cosiddetta silenziosa, approvata e sostenuta da Beccaria e una lettura invece ad alta voce, unica possibilità reale invece secondo Fortini , che nega, come anche negano recenti studi di neurolinguistica, l’esistenza di una lettura silenziosa (cfr. ).

In questo studio, che prende avvio dal dato sonoro delle registrazioni, si è scelto di non parlare in termini soggettivi di espressività o inespressività delle letture, ma di cogliere e descrivere le varie modalità di realizzazione effettive. Si è inoltre preferito all’uso del termine esecuzione quello di interpretazione, considerando la relazione tra dimensione acustica della lettura e testo poetico analoga a quella che in musica lega l’interprete al compositore.

A partire da queste considerazioni, in questo lavoro si è adottata una metodologia di tipo fonetico strumentale, che segue sulle orme dei lavori di Beccaria dedicati al ritmo della prosa .

La prosodia del Congedo di Caproni: lo studio

I dati

In questo studio si compie un’analisi prosodica sperimentale, che fa uso di un approccio qualitativo, unito a uno quantitativo. Il lavoro si basa infatti su un corpus di dodici diverse interpretazioni del Congedo del viaggiatore cerimonioso di Giorgio Caproni, inclusa quella originale del poeta medesimo , messe tra loro in confronto. La lettura dell’autore, fornitaci dall’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi (Discoteca di Stato – Museo dell’Audiovisivo), è centrale nella nostra osservazione e costituisce il principale termine di confronto con gli altri parlanti.

La poetica di Caproni è stata studiata su più fronti dalla critica, anche in campo metrico, e si presta a una indagine che tenga conto della dimensione sonora del testo, costituendo un oggetto di osservazione particolarmente interessante e unico per la sua peculiarità strutturale. In particolare, la scelta del testo in questione, , in forma di prosopopea e tratto dalla raccolta del 1965 che prende il titolo dal componimento, si deve, oltre che alla disponibilità del dato sonoro nella versione originale dell’autore, alla necessità di intraprendere un primo studio prosodico, come questo, su un lavoro poetico più narrativo e teatrale, significativo per l’opera caproniana e particolarmente interessante per la sua ampiezza e forma.

Le altre undici registrazioni, di cui otto effettuate personalmente, due ricavate da cd in commercio e una da un antico vinile, appartengono a voci differenti a livello professionale e diacronico (oltre che diatopico): difatti corrispondono a sei poeti contemporanei (tre donne e tre uomini), due speaker radiofoniche (che sono al contempo poetesse) e tre attori (due contemporanei e uno storico). Più nel dettaglio, abbiamo studiato, tra i poeti, le letture di Claudio Damiani, Davide Rondoni, Gianfranco Lauretano, Paola Loreto, Stefania Negro e Ida Travi. Abbiamo individuato tre voci femminili e tre maschili che fossero, per il loro stile di lettura, differenti tra loro, in modo da poter evidenziare le maggiori possibilità di realizzazione. Le voci radiofoniche sono quelle di Irene Santori e Laura De Luca e infine quelle degli attori sono di Alberto Rossatti, Roberto Herlitzka, Achille Millo. La variabilità di tipologia di parlante è stata ricostruita in questo studio e presa in considerazione come elemento centrale nel lavoro. Si è scelto di dedicare uno spazio più ampio alla lettura dei poeti contemporanei, in confronto con la lettura originale di Caproni, per osservarne, a distanza di trentadue anni, le differenze stilistiche, individuali e diacroniche.

Il metodo

«una poesia non può essere esaustivamente decomposta

in elementi separati, ritmici, semantici, ecc.»

( : 170)

La ricerca si presenta come un lavoro di Fonetica acustica sperimentale e fa uso di un approccio qualitativo e quantitativo. Cruciale nello studio è stata l’esplorazione del divario tra la realizzazione prosodica e il testo poetico, così come appare nella sua forma scritta, ovvero tra quelle che in questo lavoro nomineremo suddivisione prosodica (intendendo le curve intonative realizzate) e suddivisione metrica della poesia (intendendo con essa la sola suddivisione in versi), unitamente all’osservazione dell’aspetto ritmico e retorico della lettura poetica. Si è cercato inoltre di evidenziare sommariamente anche i tratti diacronici e interpretativi più salienti e distintivi del corpus, seppure curata in modo particolarmente approfondito sia la lettura di Caproni.

Terminologia: un’importante premessa

Trovandoci davanti a un tipo di lavoro inedito e a un campo di ricerca ancora inesplorato, privo di una sua terminologia, seppure vivi e con una consolidata tradizione siano, in parallelo, i settori di ricerca della Metrica e della Fonetica, è sorta da subito la necessità di individuare una nuova, specifica terminologia, apposita per questo studio, al fine di individuare e denominare gli aspetti salienti emersi.

In particolare, abbiamo ritenuto necessario specificare e scegliere appositamente alcuni termini, al fine di non sovrapporci agli strumenti della Metrica, diversa nel metodo e nel tipo di ricerca. Una prima precisazione si è resa opportuna nel confronto tra resa prosodica e testo poetico nella sua forma scritta: in questo lavoro parleremo infatti, principalmente, di suddivisione prosodica, ovvero di divisione in curve intonative effettivamente realizzate, messe a confronto col testo.

Connesso a questo criterio di frattura tra lettura e testo è l’elemento che abbiamo chiamato verso-curva, ovvero il caso di segmento prosodico interpausale coincidente con il verso. Il conteggio globale dei versi-curva complessivi nelle letture (che non elude dall’osservazione sintattica e semantica del verso) ha permesso di individuare anche le prevalenti tendenze di arcate intonative.

Se cruciale nella forma poetica e caratteristico dell’espressione linguistica è anche il ritmo, in questa sede la sua osservazione ha determinato la coniazione dell’espressione parole ritmiche (in modo da non sovrapporci all’ictus utilizzato in campo metrico), per indicare le parole che, nella lettura considerata nel suo continuum, racchiudono la cadenza ritmica e si percepiscono come elemento forte della curva intonativa.

Segmentazione e annotazione dei dati

Per svolgere questa ricerca ci si è serviti del software PRAAT, con cui è stato possibile condurre, in parallelo con l’ascolto, uno studio dell’oscillogramma e dello spettrogramma (con messa in rilievo delle curve di f 0 e intensità) di ciascuna registrazione. A questo si è aggiunto un lavoro di annotazione e segmentazione in file Txtgrid, in corrispondenza delle varie realizzazioni prosodiche.

Globalmente la modalità di lavoro ha seguito tre fasi, così articolate: una prima fase di ascolto globale di ciascuna registrazione; una seconda di ascolto più particolare, con annotazioni su più livelli; una terza di comparazione tra letture diverse. L’annotazione ortografica, processo fondamentale in studi di questo tipo, è avvenuta su più livelli: Verse Tier (livello del verso), creato per primo e in cui la suddivisione in stringhe segue il criterio del verso (ogni segmento è cioè identificabile con ciascun verso come nel testo originale) ; Utterance Tier (livello enunciativo), corrispondente alla curva intonativa effettivamente realizzata (segmento interpausale); Intonation Tier (livello intonologico), che corrisponde alla suddivisione della curva intonativa così come la percepiamo; Tone Tier (livello tonologico), dato dalla suddivisione negli accenti tonali percepiti all’interno delle curve.

Parallelamente è stata riportata la suddivisione prosodica dell’Utterance Tier sul testo poetico, a mezzo di ( / ) per confine intonativo minore e ( // ) per confine terminale.

In questo lavoro non si farà un uso sistematico di etichette intonative, relative alle stringe prosodiche: tuttavia si sono individuate, in alcuni casi, modalità melodiche ricorrenti e sono state attribuite, in fase di annotazione, etichette specifiche per i differenti segmenti pausali, secondo criteri nel complesso comuni e adattati ai parametri individuali del singolo parlante (cfr. ).

Tipo di analisi e descrizione dei dati

L’approccio di questo studio è, nel complesso, fonetico, basato sull’osservazione dei parametri acustici di f 0 , durata e intensità, visti in relazione al testo poetico. Le curve intonative vengono descritte nel loro movimento melodico, con riferimento ai livelli frequenziali usati (B – basso, M – medio, A – alto ), riprendendo le etichette di ambito autosegmentale-metrico, qui usate per una descrizione macroscopica. La descrizione melodica ha attinto anche dal lessico della retorica musicale antica, dal momento che si è rivelata possibile e interessante una descrizione stilistica dei comportamenti intonativi ricorrenti nelle letture, che in questa sede tralasceremo.

Si è inoltre presa in considerazione la realizzazione prosodica dell’impianto retorico e sintattico interno al testo, privilegiando in questa sede l’approfondimento dell’inarcatura. Infine l’osservazione, specifica e generale, delle varie possibilità organizzative interne alle letture, ha richiesto l’utilizzo di grafici comparativi.

I risultati dello studio

Trend melodici

Da questo studio è emersa una ricca variabilità, collocabile all’interno di una norma generale. Una prima prova di questo si può cogliere già a un primo ascolto e si conferma, con un ulteriore approfondimento, nelle differenti modalità intonative scelte, che distaccano le letture di Caproni e dell’attore suo contemporaneo, esponenti di una tradizione più antica, da tutte le altre interpretazioni, a testimonianza di una variabile diacronica non trascurabile. Se questa prima distinzione si basa fondamentalmente su una considerazione percettiva di uno stile intonativo globale di lettura, che potremmo definire declamatorio con i primi due interpreti, è opportuno però da subito precisare che, ad uno studio dettagliato dei dati è emerso che, pur considerando tutte le letture nella loro ricchezza di interpretazioni uniche (tenendo conto cioè, come avviene in musica, della loro possibile mutevolezza anche nello stesso autore), ulteriori divergenze interpretative di altro tipo sono nel complesso individuabili all’interno di questa prevalente convergenza verso un modello generale attuale.

Prendendo in analisi gli andamenti melodici dei dodici interpreti, sono emerse due tendenze prevalenti:

  • Omogeneità melodica delle curve intonative (cfr. ), individuata, in particolar modo, in tre voci femminili (Loreto, Travi, Santori) e in un poeta (Damiani).

  • Varietà melodica delle curve intonative, prevalente, e utilizzata da poeti e attori, a partire dall’autore stesso, e individuabile, nel dettaglio, in sei voci maschili (tre poeti, Caproni, Rondoni, Lauretano, e tre attori, Rossatti, Herlitzka, Millo) e due femminili (Negro, De Luca).

Prendiamo ora in considerazione alcuni casi esemplificativi di queste due tendenze intonative differenti: il caso di Caproni, punto di partenza dell’osservazione, si presenta particolarmente interessante, in quanto mostra dei comportamenti melodici ricorrenti, come quello M-B-A-m medio-basso-alto, B-A e B-A-m basso-alto, in coincidenza di continuative maggiori /CT/, particolarmente udibili per il salto melodico che raggiunge sempre un’altezza simile. Riportiamo delle immagini di oscillogrammi e spettrogrammi, con relative annotazioni su quattro livelli, che mostrino questa cadenza caratteristica dell’autore.

Esempio di varietà melodica in Giorgio Caproni, con andamento M-B-A-m

Esempio di varietà melodica in Giorgio Caproni, con andamento M-B-A-m

Esempio di varietà melodica in Giorgio Caproni, con andamenti B-A e M-B-A-m

Esempio di varietà melodica in Giorgio Caproni, con andamenti B-A e M-B-A-m

Esempio di varietà melodica in Giorgio Caproni, con andamento B-A-m

Esempio di varietà melodica in Giorgio Caproni, con andamento B-A-m

Nella lettura di Caproni è stata globalmente individuata un’insistenza su fasce melodiche specifiche (due, prevalentemente) in coincidenza di parole ritmiche, che ci hanno portato a parlare di un ritmo melodico, che vede il comportamento ritmico strettamente connesso al movimento melodico. Questa insistenza melodica su specifiche fasce frequenziali è, in realtà, caratteristica ricorrente e si potrà individuare anche nelle immagini degli altri parlanti: inoltre, nel caso del poeta Lauretano, è riscontrabile addirittura un’insistenza di una stessa scelta intonativa, in corrispondenza di continuative maggiori.

Proponiamo ora alcuni altri esempi di interpreti che, come Caproni, presentano nelle loro letture una variabilità melodica interna: in particolare, riporteremo esempi di poeti e di una speaker radiofonica.

Esempio di varietà melodica in Davide Rondoni

Esempio di varietà melodica in Davide Rondoni

Esempio di varietà melodica in Gianfranco Lauretano e affinità con Giorgio Caproni

Esempio di varietà melodica in Gianfranco Lauretano e affinità con Giorgio Caproni

Esempio di varietà melodica in Laura De Luca

Esempio di varietà melodica in Laura De Luca

Questa tendenza melodica si può contrapporre, come detto precedentemente, con letture più omogenee nell’andamento intonativo, di cui riportiamo due figure di esempio.

Esempio di omogeneità melodica in Claudio Damiani

Esempio di omogeneità melodica in Claudio Damiani

Esempio di omogeneità melodica in Paola Loreto

Esempio di omogeneità melodica in Paola Loreto

Esempio di omogeneità melodica in Ida Travi

Esempio di omogeneità melodica in Ida Travi

Trend di segmentazione prosodica

Prendendo in considerazione le curve intonative nella loro lunghezza e nella loro suddivisione rispetto al testo poetico, sono emerse delle significative convergenze e, nello specifico, tre prevalenti e generali tipologie di suddivisione prosodica, che chiameremo metrica, sintattica e sintattico-metrica. Passiamo in rassegna le tre tipologie:

  • Metrica: intendiamo una suddivisione prosodica che segue tendenzialmente il verso e corrisponde quindi a una prevalente realizzazione di versi-curva, cioè segmenti intonativi interpausali coincidenti con il verso. Questa tipologia è stata individuata nelle interpretazioni dei tre poeti uomini contemporanei Damiani, Lauretano e Rondoni e nell’attore storico Millo.

  • Sintattica: suddivisione fedele principalmente alla sintassi, vincolata alla punteggiatura e non all’a capo testuale. Tipo di realizzazione individuata in Caproni, nelle tre poetesse Negro, Travi, Loreto (seppure quest’ultima raggiunga una lettura al contempo metrica attraverso vie alternative ).

  • Sintattico-metrica, tipo di suddivisione che, come mediazione delle due precedenti modalità, vede una connessione tra la griglia sintattica principale (eludendo invece la più particolare punteggiatura), e il verso (come termine di curva). In questo tipo di lettura le curve possono raggiungere lunghezze svariate e includere più versi per intero. Questo è stato riscontrato, in modo diverso, nelle due speaker radiofoniche-poetesse (con una lettura un po’ più sintattica in De Luca e metrica in Santori) e, in parte, anche negli attori contemporanei (in particolare con Herlitzka e meno con Rossatti che, tuttavia, tiene in considerazione anche un piano di punteggiatura più minuto).

Alla luce di queste tre tipologie riassuntive di lettura, si precisa che è stata adottata un’osservazione comparata dei versi-curva (presenti, in numero diverso, in tutte le letture, seppure, ovviamente, in numero massimo in quelle metriche): essi sono stati comuni in occasione di versi-proposizioni subordinate autonome (delimitate da punteggiatura), versi di inizio e conclusione di strofa, assertive.

In questa variegata possibilità prosodica, anche le pause si sono presentate di diverso tipo e l’uso del silenzio si è esteso in una scala che va dalla lunghezza massima di Loreto a quella minima di De Luca (non lontana da Caproni).

Resa prosodica dell’enjambement

Altro punto che si è ritenuto doveroso prendere in analisi e si è rivelato particolarmente interessante è quello della resa prosodica dell’inarcatura o enjambement. L’espediente stilistico difatti, che separa tra la fine di un verso e l’inizio del seguente un gruppo sintattico connesso al suo interno, ha la funzione di generare un rafforzamento degli elementi che vengono divisi, concentrando così un mutamento ritmico e semantico tra loro connessi. Se Beccaria evidenzia che anche questo costituente del ritmo è dato dal lettore che si trova a recitare, e non è dato dal testo stesso, diverse teorie sono emerse a livello percettivo, tra metricisti, critici e lettori, col fine di individuare la più corretta modalità di lettura, fedele o meno alla fine del verso.

Da uno studio sperimentale come questo è stato possibile verificare e visualizzare concretamente le effettive realizzazioni prosodiche in corrispondenza di enjambement nel contesto generale. Per osservare più nel dettaglio questo aspetto, abbiamo deciso di concentrarci sulla quarta strofa del Congedo caproniano, in cui l’inarcatura si presenta in quattro casi tra un verbo all’infinito a fine verso e il suo elemento connesso, posto all’inizio del verso successivo. Da una comparazione generale è stato appurato che sia letture metriche sia sintattiche sono converse generalmente nella prevalente mancata realizzazione tramite pausa dell’enjambement (si vedano Caproni, Damiani, Lauretano, Loreto, Negro, Travi, Rossatti, Herlitzka) o abbiano optato per la sua limitazione (come in De Luca e Santori). È stata tuttavia individuata una modalità alternativa alla pausa, in grado di rendere percepibile e marcata l’inarcatura mediante allungamento vocalico su sillaba di tonica e finale (particolarmente visibile in Loreto e Millo). L’attesa silenziosa della pausa viene in questo modo sostituita da un’attesa sonora, in grado di prolungare la sospensione prima dell’inizio del verso successivo e al punto da, in caso di incontro vocalico, evitare la produzione di sinalefe). Relativamente al contorno intonativo nei casi di realizzazione di inarcatura, non ci siamo trovati davanti a innalzamenti terminali ma piuttosto davanti a confini intonativi diversi a seconda delle intonazioni, che si sono dimostrate diverse.

Soffermandoci sugli esiti dati dunque dalla quarta strofa nella lettura dei soli poeti, possiamo dire che anche la modalità di lettura sintattica ha costituito un punto interessante di osservazione dell’aspetto ritmico che la caratterizza. Le curve intonative prodotte in queste interpretazioni (tra cui anche Caproni) risultano determinate da un’altra metrica contenuta nel testo e vincolata alla sintassi. Prendendo in considerazione questi segmenti prosodici, è emerso che la loro lunghezza corrisponde a 10/11/12 sillabe per volta, in alternanza a segmenti più brevi, dando così anche esiti pragmatici diversi. Casi di uguali suddivisioni prosodiche, che non riproducono l’inarcatura, coincidenti tra Caproni e i poeti contemporanei (a eccezione di Rondoni), sono quelli dei vv. 32-33 (dove la curva che si realizza include era così bello parlare insieme) e dei vv. 37-38 (con una curva che include e tutto quel raccontare di noi). Nei contemporanei si individuano poi altre suddivisioni, sempre libere dal vincolo pausale sull’inarcatura, molto diverse per durata, movimenti melodici, intensità, gestione del tempo della curva (in levare o in battere) e della durata delle sillabe, determinando serie accentuali e risvolti pragmatici differenti. Comune solo ai contemporanei (a eccezione ancora di Rondoni) è la curva in corrispondenza dei vv. 34-35 (che comprende così bello confondere i volti).

Riportiamo i dati emersi dal confronto di queste curve comuni a cinque interpretazioni contemporanee, di cui riportiamo in nota le trascrizioni ortografiche, con messa in evidenza delle parole ritmiche della curva (individuabili dal grassetto della loro sillaba tonica), sottolineate quando emergono ulteriormente nel contorno intonativo (per durata, frequenza, intensità), e con il conteggio sillabico di ciascuna di esse:

  • Relativamente alla prima curva riportata, che comprende i vv. 32 e 33 , la differente modalità di lettura ha generato un distacco pragmatico tra le letture, riscontrabile nella scelta di marcare differenti parole ritmiche della curva: se i due poeti hanno evidenziato i due termini sul confine di verso (parlare e insieme), le tre poetesse spostano la tensione intonativa sul centro (e sul termine della curva in Negro e Travi), slittando anche la sfumatura pragmatica del messaggio, che verte così sulla definizione dell’azione. Le tre curve che presentano all’interno 12 sillabe facendo uso di dialefe (Damiani, Lauretano, Loreto) manifestano anche un allungamento della vocale tonica del verbo parlare (e un minimo allungamento della postonica), che contribuisce a ritardare la percezione del termine successivo.

  • La curva in corrispondenza dei vv. 34-35 , vede tra le varie letture un’uniformità del numero di sillabe interno, contandosi in quattro letture 10 sillabe per curva, eccezion fatta per Loreto, che, mediante l’allungamento della postonica, produce una dialefe reale, in grado di far scattare il numero di sillabe a 11. A livello pragmatico emerge nuovamente una frattura nella scelta delle parole ritmiche marcate: solo in due casi sono messi in rilievo il verbo all’infinito e l’oggetto (Damiani e Loreto, nei quali è udibile anche l’allungamento della tonica, che rallenta il ritmo), mentre negli altri casi viene dato rilievo alla qualità dell’azione.

  • Con la terza curva (vv. 37-38) siamo davanti a cinque curve formate da 10 sillabe (non sono possibili eventuali sinalefi) e, in questo caso, l’allungamento della postonica del verbo è molto ben udibile in Loreto (con durata equivalente alla tonica, a differenza degli altri parlanti). Con Lauretano e Damiani si può percepire l’allungamento della tonica: questo contribuisce in modo rilevante a ritardare l’inizio del verso successivo. Sul piano pragmatico viene marcato l’infinito di fine verso (sulla tonica) e la parola noi (mentre Travi sposta sul tutto iniziale, al posto dell’infinito, la salienza ritmica e semantica).

I dati, con la variabilità interna che presentano, possono ascriversi in una norma generale che, si può dire, tende a realizzare l’inarcatura in curve intonative continue, senza interruzione pausale e favorendo l’andamento logico-sintattico del testo, ma con, all’interno, accorgimenti (quale il rallentamento su tonica) e realizzazioni alternative di sospensione (come l’allungamento su postonica), più o meno percepibili.

Modalità organizzative: convergenze e divergenze

Da questo studio, come si è visto, sono emerse differenti modalità organizzative tra le dodici letture totali. Una volta osservatele tutte, è stato utile isolare il caso di due versi (vv. 83 e 84 «Congedo alla sapienza / e congedo all’amore»), particolari come struttura retorica e rappresentativi dell’eterogeneità dei parlanti, al fine di mostrare la varietà di convergenze e divergenze emerse.

Attraverso un confronto a mezzo di grafici comparativi realizzati su una stilizzazione in uso nel progetto AMPER (Atlas Multimédia Prosodique del Espace Roman), sono stati infatti più visibili al confronto simultaneo, in particolar modo, i casi di divergenze interne a una globale apparente convergenza tra locutori. Passeremo in rassegna alcuni esempi.

Tra i casi di convergenza nell’organizzazione dei due versi in due curve intonative autonome (versi-curva), vi sono stati, tra le voci maschili, Caproni, Damiani, Millo, Herlitzka: tutti e quattro hanno presentato un allineamento delle unità intonative in sette segmenti vocalici ciascuna e hanno mostrato un movimento che nel complesso si corrisponde (in una prima parte ascendente e in una seconda discendente). Tuttavia, osservando nel dettaglio i segmenti vocalici a confronto, è stato osservato come essi muovano in modo diverso, così da differenziarsi a livello intonativo. Si riporta il grafico sommario che rappresenta il comportamento delle quattro voci.

Curve melodiche (segmentate) dei vv. 83-84 di Caproni (1), Millo (2), Damiani (3) e Herlitzka (4)

Curve melodiche (segmentate) dei vv. 83-84 di Caproni (1), Millo (2), Damiani (3) e Herlitzka (4)

Si noti, ad uno sguardo dettagliato, sulla prima unità intonativa, l’innalzamento in Caproni, lieve sul secondo segmento e netto in corrispondenza del sesto segmento vocalico (di intenzione simile è quello di Millo), rispetto agli altri tre parlanti. Relativamente alla seconda unità, globalmente discendente in tutti e quattro i parlanti, si può notare una corrispondenza maggiore tra Caproni e Damiani, rispetto a Millo, che ha un’escursione maggiore, e a Herlitzka, che mantiene un livello uniforme e basso, pur finendo per coincidere su tonica e postonica finali. In questa seconda unità, parallelo è l’andamento dei segmenti di primo, quarto e quinto segmento. La lieve salita della postonica finale in Damiani e Herlitzka appare preludere a un contesto di serialità. Da un punto di vista retorico-testuale, la resa anaforica, che si presenta con una certa omogeneità intonativa, si discosta in Caproni e Millo, che fanno uso di variatio, significativa anche a livello pragmatico su una maggiore marcatura del termine-chiave, e usano anche la voce in modo vario, innalzandola anche rapidamente in poco tempo. Come già si era visto nella sezione dedicata all’inarcatura, i risvolti di una differente intonazione sono infatti anche di tipo pragmatico: globalmente, centrale in interpretazioni di questo tipo è la parte terminale dell’unità intonativa.

Analogamente, dall’osservazione di altri grafici, convergenze tra le voci femminili, a livello di organizzazione delle unità intonative, sono emerse tra De Luca, Loreto, Travi e Santori, anch’esse intente a dividere l’intonazione in due blocchi melodici di sette segmenti sillabici l’uno. Si è potuto evidenziare però, all’interno di questa generale concordanza, un’ulteriore convergenza tra Travi e Santori, che invece viene meno tra De Luca e Loreto, che, messe a confronto tra loro, mostrano nei singoli segmenti vocalici alcuni comportamenti tra loro nettamente divergenti.

Rispetto a una prevalente modalità organizzativa in due parti, è stata individuata inoltre una convergenza organizzativa in una seconda possibilità di organizzazione dei versi, come nel caso di Rossatti e Lauretano, che li dividono in quattro unità intonative.

Conclusioni

Questa ricerca ha permesso di individuare aspetti particolarmente interessanti e non ancora esplorati della dimensione sonora della poesia. L’importante varietà dei risultati emersi, descritta nel corso dello studio, risulta globalmente ascrivibile a un sistema di norma generale.

Nel complesso, oltre a una fondamentale frattura, dettata da una variabile diacronica ed emersa nella modalità prosodica, l’individuazione di tendenze melodiche dominanti nel panorama contemporaneo e l’identificazione dei differenti tipi di suddivisione prosodica (dalla metrica, alla sintattica alla metrico-sintattica), in uno studio che parte dal dato acustico messo in relazione al testo, ha permesso di entrare nel vivo della delicata questione del legame connaturato tra testo e parlato, tra il verso scritto e la sua lettura.

Si è colto il fascino delle potenzialità e dello spiazzamento che il testo acustico, sovrapposto a quello scritto, genera: si pensi ai contrasti curva intonativa/verso, alle modalità intonative ricorrenti come in cadenze, alle informazioni pragmatiche e ritmiche che le curve portano, in modo inatteso, quando ad esempio mutano non solo nell’intonazione, ma anche nel numero di sillabe che le compongono, in corrispondenza di uguali porzioni di testo (si pensi al §3.3.3 dedicato all’inarcatura o al §3.3.4).

Si può dire, tuttavia, che, anche laddove le scelte dei parlanti abbiano portato ad analisi molto diverse, offrendo aperture su scenari di studio ancora inesplorati, esiste nella realizzazione prosodica un qualcosa di radicato e originario, appartenente a un’ossatura ritmica interna della poesia che, anche in forme inaspettate, riesce a manifestarsi.

La numerosità di informazioni raccolte rende evidente come tante siano le variabili che incidono sui risultati finali. Questo tipo di indagine è in grado di offrire informazioni utili per indagare in profondità la musica che anima il testo poetico da una prospettiva nuova che, se approfondita, potrebbe portare a risultati importanti.

Ringraziamenti

Ringrazio il Prof. Antonio Romano, per avere reso possibile questo studio fonetico, con i suoi insegnamenti e la sua guida, fondamentale, nel mio percorso di ricerca. Ringrazio inoltre la Prof.ssa Raffaella Scarpa, per le preziose indicazioni in campo metrico. Si ringraziano l’ICBSA, per il riversamento della lettura di Giorgio Caproni, e tutti gli interpreti coinvolti. In particolare, si ringraziano Claudio Damiani, Laura De Luca, Gianfranco Lauretano, Paola Loreto, Stefania Negro, Irene Santori, Davide Rondoni e Ida Travi per la loro collaborazione e la generosità nel prendere parte a questo studio. Grazie molte anche agli attori Roberto Herlitzka e ad Alberto Rossatti, le cui registrazioni sono state curate dalla Società Dante Alighieri e fornitemi dal Prof. De Nicola, che ringrazio anche per la donazione del vinile di Achille Millo e per i suoi consigli, la sua presenza in questo viaggio.

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Ultimo accesso URLs: 30/01/2017.

I parametri sono: tonalità/frequenza fondamentale, accento/intensità, durata/tempo.

È ricercata dal bambino, sin dai primi mesi, una certa regolarità ritmico-sillabica nella realizzazione prosodica, come sillaba accentata-sillaba non accentata.

Inoltre, sono stati condotti tentativi di unione nella teorizzazione tra ritmo poetico e musicale e , in particolar modo per la poesia inglese e . Importanti studi tra musica e linguistica sono quelli di Patel .

Il ritmo in un sistema sillabico è definito, a livello linguistico, da sequenze di accenti, ovvero sillabe prominenti in alternanza a sillabe non prominenti. Diversi sono stati gli studi sul ritmo della prosa (si pensi a Servien, Sievers, Alonso) e significativo per la poesia fu . Dopo i lavori di e , seguiti da , negli anni Novanta gli studi sul ritmo linguistico hanno utilizzato principalmente un impianto di tipo metrico.

Le registrazioni di Rossatti e Herlitzka sono state reperite in Cd-rom, mentre quella di Achille Millo , in vinile, è stata poi analizzabile grazie al suo riversamento. La possibilità di ascoltare e studiare la registrazione storica di Achille Millo costituisce un elemento particolarmente interessante e di privilegio in questo lavoro, in quanto dedicatario della raccolta del Congedo.

Molteplici e diversi sono fronti di osservazione a cui si è rivolta solitamente la Fonetica: dal parlato spontaneo a quello radiofonico, a quello sintetico a quello patologico.

Divergenti sono anche gli esiti di un’analisi esofasica, rispetto ad una endofasica.

Oltre alla forma semplice di verso-curva, è stato coniato il termine curva bi-verso (o poliverso), utilizzato in un altro studio più dettagliato (cfr. ), per le curve melodiche con al loro interno due o più versi interi: questa terminologia si rivela particolarmente utile per individuare alcuni specifici profili di lettura e di parlanti.

Tra i numerosi studi ad esso dedicati, si menzionino tra i lavori sperimentali più significativi per questo studio quelli di Romano .

Si tratta di parole prosodiche viste come unità: non è dunque presa in considerazione la sola sillaba tonica al loro interno, in quanto, seppure elemento saliente, resta soggetto a valutazioni non unanimi nel parlato.

PRAAT è un software applicativo multi-piattaforma, utilizzato nell’ambito dell’analisi fonetica del parlato, ideato e sviluppato da Paul Boersma e David Weenink dell’Università di Amsterdam. Ulteriori informazioni si possono trovare su http://www.fon.hum.uva.nl/praat/.

L’edizione di riferimento è stata quella di .

Nello studio complessivo, svolto nel lavoro di tesi magistrale di Colonna , si è fatto talvolta uso anche di etichette fonetiche riferite a un livello percettivo, tratte da e , utili ai fini descrittivi. Se le etichette vengono normalmente usate nelle analisi di parlato, in una trascrizione ortografica con la corrispettiva punteggiatura percepita, in questo caso la condizione è diversa, in quanto si tratta di letture di poesia, la quale, per natura, svincola dalla condizione normale di punteggiatura e respiro.

I parlanti sono stati inquadrati anche in generale per i loro timbri caratteristici e sono stati individuati anche secondo la categorizzazione di voci, utile per avere una terminologia descrittiva adeguata, facendo riferimento a e .

Vi è anche un segno in minuscolo (m – medio, b – basso, a – alto), per indicare il movimento suggerito dalla curva verso un tono terminale.

Tra le figure retoriche più frequenti, vi sono la palilogia e la synonymia. Ulteriori dettagli si possono trovare in .

Si è individuata, nel caso di Loreto, una particolare caratterizzazione prosodica legata alla qualità vocale, in grado di produrre ulteriori variazioni di sfumature intonative.

Etichetta tratta da per continuativa maggiore.

Le immagini sono tratte da .

L’argomento, individuato ed embrionale in questo studio, è attualmente uno dei temi di approfondimento nell’ambito del lavoro di Dottorato dell’autrice, al fine di sviluppare in modo più ampio la questione in tempi futuri.

Le simili scelte di modalità organizzative/intonative del testo che accomunano Caproni e Lauretano e rendono la lettura globalmente più didascalica possono forse anche essere motivate da attività professionali didattiche comuni a entrambi i poeti.

Questa tendenza, che Cohen , così come Beccaria , identificava come inespressiva, attribuendole il concetto di monotonia corrispondente all’adeguato modo di leggere poesia, in quanto «il verso è monotono per natura» ( : 76), è per noi considerata un’interpretazione che, d’accordo invece con Fortini, vive di una sua espressività caratteristica, dettata da un’insistenza melodica continua, che si può ricondurre al discorso sul ritmo melodico a cui si è accennato in precedenza.

La distanza di questa lettura attoriale dalle altre è anche sicuramente dettata da una variabile diacronica (non sufficiente in questo studio a farci parlare di specifiche modalità di recitazioni connesse alla suddivisione prosodica, diverse nella tradizione di recitazione), ma sarebbe un’ulteriore prova dell’unicità dell’interpretazione dell’attore che, come confermano i suoi scritti, aveva studiato con Caproni come interpretare le sue poesie.

Rimandiamo al paragrafo successivo un approfondimento relativo a realizzazioni alternative di inarcature, che contribuiscono a far percepire questa lettura come metrica.

Si possono individuare nel complesso, in questa categoria, due tendenze principali di lunghezza delle curve intonative rispetto al metro: quella di una curva non troppo lunga (tendenza maggioritaria) e quella che volge ad allungare l’unità tonale su più versi.

Nelle teorie dei metricologi è opportuno verificare l’intonazione, confrontando una lettura del testo poetico come tale con una utilizzata come se ci trovassimo davanti a un testo di prosa, per capire se ci troviamo davanti a una inarcatura sintattica.

Eccezione tra questi è invece Rondoni, che si mantiene fedele, anche in questo caso, a una lettura più metrica, realizzando, ad esempio nella quarta strofa, tutti gli enjambement, a eccezione di uno soltanto.

Le analisi sono tratte da .

Il conteggio delle sillabe è teorico, dato che la valutazione di alcuni allungamenti nelle interpretazioni qui descritte porterebbe a una diversa quantificazione numerica.

Damiani: era così b e llo parl a re-insi e me (con dialefe – 12 sill.), Lauretano: era così b e llo parl a re insi e me (con dialefe – 12 sill.), Loreto: era così b e llo parl a re insi e me (con dialefe – 12 sill.), Negro: era così b e llo parlare- insi e me (con sinalefe – 11 sill.), Travi: era così b e llo parlare- insi e me (con sinalefe – 11 sill.).

Si noterà, a partire dall’esempio successivo, come il fenomeno si presenti più evidente in Loreto, in particolare sulla postonica terminale.

Damiani: così b e llo conf o ndere -i v o lti (con sinalefe – 10 sill.), Lauretano: così b e llo conf o ndere-i v o lti (con sinalefe – 10 sill.), Loreto: così b e llo conf o ndere i v o lti (con dialefe – 11 sill.), Negro: così b e llo conf o ndere-i v o lti (con sinalefe – 10 sill.), Travi: così b e llo conf o ndere-i v o lti (con sinalefe – 10 sill.).

Damiani: e t u tto quel raccont a re di n o i (10 sill.), Lauretano: e t u tto quel raccont a re di n o i (10 sill.), Loreto: e tutto quel raccont a re di n o i (10 sill.), Negro: e t u tto quel raccont a re di n o i (10 sill.), Travi: e t u tto quel raccont a re di n o i (10 sill.).

Lo stesso fenomeno di allungamento è individuato nella curva che ingloba i vv. 40-41 (fino a poter confessare quanto), realizzata in unico segmento interpausale anche da Lauretano, Loreto, Negro e Travi.

Gli script utilizzati sono disponibili sul sito del Laboratorio di Fonetica Sperimentale Arturo Genre dell’Università degli Studi di Torino, all’indirizzo: http://www.lfsag.unito.it/ricerca/amper-ita/.

Il grafico è tratto da .

Si pensi ad esempio all’ascesa melodica e alla durata delle toniche di congedo e sapienza e alla durata ulteriore, unita a una discesa netta, sulla tonica di amore (il secondo congedo invece perde di rilievo) in Caproni. Si pensi poi alla messa in evidenza di sapienza (e non congedo), ottenuta con Millo, Damiani e Herlitzka attraverso l’andamento melodico e la durata; si pensi anche a quella di amore, dove è la durata a realizzare l’accento in Damiani e Herlitzka. Si noti infine il rilievo di congedo e di amore in Millo grazie all’andamento melodico.